Violazioni gravi rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse.
Un caso pratico a cura di Tar Lombardia, Milano, sez. I, 4 marzo 2019, n. 448: ovvero quando non ci si può fidare né del sistema AVCPASS, e nemmeno dell’Agenzia delle Entrate!!!
Com’è noto l’art. 80, comma 4, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, testualmente prescrive, per quel che qui interessa, che “Un operatore economico è escluso dalla partecipazione a una procedura d’appalto se ha commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti. Costituiscono gravi violazioni quelle che comportano un omesso pagamento di imposte e tasse superiore all’importo di cui all’articolo 48-bis, commi 1 e 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. Costituiscono violazioni definitivamente accertate quelle contenute in sentenze o atti amministrativi non più soggetti ad impugnazione.
“Le violazioni degli obblighi relativi al pagamento di imposte e tasse si considerano “definitivamente accertate” allorquando rivengono da sentenze passate in giudicato, ovvero da atti amministrativi inoppugnabili (perché non tempestivamente gravati).
E’ questo il caso:
– della cartella di pagamento emessa a seguito di avviso di accertamento non impugnato ovvero confermato all’esito del giudizio;
– ovvero della cartella di pagamento che, pur costituendo il primo atto con il quale si manifesta la pretesa impositiva, non sia stata tempestivamente impugnata (cfr. Cons. Stato, sez. V, 3 aprile 2018, n. 2049, sez. V, 10 agosto 2017, n. 3985, sull’impugnazione per ragioni di merito della cartella di pagamento quale primo atto con il quale si manifesta la pretesa impositiva, cfr. Cass. civ., sez. V, 27 luglio 2018, n. 19970; Cass. civ., Sez. Unite, 14 maggio 2010 n. 11722).
L’ulteriore requisito della “gravità”, di poi, presuppone l’omesso pagamento di imposte e tasse per un importo superiore a quello di cui all’art. 48-bis commi 1 e 2-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, stabilito fino al 1° marzo 2018 in € 10.000,00 (ora € 5.000,00 in seguito alla modifica normativa intervenuta con l’art. 1, comma 988, l. 27 dicembre 2017, n. 205).
Ora, nulla quaestio sul fatto che le cartelle di pagamento de quibus sono state emanate ai sensi dell’art. 36-bis del DPR 600/73; trattasi di circostanza non mai contestata e pacificamente riconosciuta dalle parti resistenti.
Parimenti non possono residuare dubbi, in conformità dell’inveterato orientamento giurisprudenziale entrato a far parte del diritto vivente, sul fatto che “In caso di cartella di pagamento emessa ai sensi dell’art. 36 bis, D.P.R. n. 600 del 1973, l’atto non rappresenta la mera richiesta di pagamento di una somma definita con precedenti atti di accertamento, autonomamente impugnabili e non impugnati, ma riveste anche natura di atto impositivo, trattandosi del primo ed unico atto con cui la pretesa fiscale è stata esercitata nei confronti del dichiarante, con conseguente sua impugnabilità, ex art. 19, del D.Lgs. n. 546 del 1992, anche per contestare il merito della pretesa impositiva. È, dunque, di per sé irrilevante la circostanza che la cartella contenga la liquidazione di imposte dichiarate e non versate, una volta che, da un lato, si tratta del primo atto con cui l’Amministrazione ha esercitato la propria pretesa nei confronti del contribuente, e, dall’altro, quest’ultimo ha instaurato una controversia effettiva, facendo valere, nell’impugnare la cartella il proprio diritto all’emendabilità, in sede contenziosa, della dichiarazione” (solo da ultimo, e pluribus, Cass., V, 12/12/2018, n. 32133).
E’ evidente, indi, che la tempestiva impugnazione di cartelle di tal fatta e la pendenza dei relativi giudizi preclude in nuce la “definitività” dell’accertamento.
2.5. Orbene, nella fattispecie che ne occupa:
– il termine per la presentazione delle domande di partecipazione alla gara è venuto a scadenza in data 19 marzo 2018;
– all’esito dell’esame delle offerte, nella seduta del 20 marzo 2018 l’appalto veniva aggiudicato alla ricorrente;
– in sede di verifica dei requisiti, eseguite tramite il servizio AVCpass di A.N.A.C., la stazione appaltante acquisiva in data 20 aprile 2018 una certificazione dalla quale emergeva la posizione irregolare dell’aggiudicataria rispetto agli obblighi relativi al pagamento di imposte e tasse;
– in data 9 luglio 2018 l’Agenzia delle entrate, all’uopo compulsata da Anas, rilasciava un certificato da cui risultavano “definitivamente accertati” debiti rivenienti da tre cartelle di pagamento; in particolare, due erano le cartelle recanti importi rilevanti ai fini che ci occupano (in quanto concretanti “gravi” violazioni);
– in data 25 luglio 2018 veniva indi, sulla scorta della documentazione acquisita dalla Agenzia delle entrate, disposta la revoca dell’aggiudicazione;
– in data 7 settembre 2018, tuttavia, l’Agenzia delle entrate provvedeva, re melius perpensa, a rilasciare un nuovo certificato dal quale non emergeva a carico della società ricorrente alcuna violazione definitivamente accertata; in particolare, le due cartelle che figuravano nella prima certificazione del 9 luglio 2018 (posta a fondamento della revoca) come inoppugnate – ovvero come concretanti debitorie definitivamente accertate – venivano di contro espressamente collocate dalla stessa Agenzia nell’alveo dei debiti “non definitivi”, siccome oggetto di giudizi pendenti avanti la Commissione tributaria provinciale di Caltanissetta, ed esperiti dalla società ricorrente con atti notificati in data 13 giugno 2018 (deposito in data 9 luglio 2018) e 19 febbraio 2018 (deposito in data 19 marzo 2018).
Ora, anche a fronte di tale ultima certificazione promanante dalla Agenzia delle entrate, e inequivocabilmente attestante la carenza di violazioni definitivamente accertate da parte della società ricorrente, la stazione appaltante reputava di tener ferma la propria determinazione di revoca –e di aggiudicazione dell’appalto alla controinteressata- in ragione:
– in ogni caso, della esistenza di plurime violazioni ascrivibili alla ricorrente; violazioni che, benchè non definitive, non erano state dichiarate in sede di offerta;
– della primigenia certificazione acquisita al momento della emanazione della revoca (25 luglio 2018).
Per contro, dalle emergenze istruttorie cristallizzate nel nuovo certificato del 7 settembre 2018 emerge che:
– al momento della presentazione della domanda, era già stato notificato (in data 19 febbraio 2018) il ricorso avverso la cartella notificata alla società ricorrente nel dicembre 2017; il deposito avanti la CTP (19 marzo 2018), di poi, risulta essere coevo alla scadenza del termine di partecipazione alla gara;
– al momento della emanazione del primo certificato della Agenzia delle entrate (9 luglio 2018) anche la seconda cartella (notificata in data 13 aprile 2018) era stata gravata (con ricorso notificato in data 13 giugno 2018) di poi depositato proprio il successivo 9 luglio 2018; la certificazione della Agenzia delle entrate, indi e in parte qua, sia appalesa erronea (reputando definitivamente accertate debitorie, di contro, rivenienti da cartelle avverso le quali era già stata esperita impugnazione);
– in ogni caso, al momento della emanazione del provvedimento di revoca (25 luglio 2018) non sussistevano i presupposti cui è normativamente ricollegata la esclusione dalla gara a’ sensi dell’art. 80, comma 4, d.lgs. 50/2016;
– in quel momento, invero, non esistevano gravi violazioni definitivamente accertate, atteso che le cartelle di pagamento de quibus, che costituiscono l’atto con cui si manifesta la potestà di imposizione ex art. 36-bis DPR 600/73, erano state oggetto di tempestiva impugnazione avanti il Giudice tributario.
Né può rilevare –quale fondamento della impugnata revoca- la dichiarazione resa dalla ricorrente nel DGUE, atteso che:
– si verte in tema di compilazione di un modello, e in particolare di un riquadro ove il “pagamento di imposte, tasse o contributi previdenziali” è testualmente messo in correlazione con l’“art. 80, comma 4, del Codice” e, dunque, con la causa di esclusione ivi contemplata; di talchè la positiva risposta alla domanda circa il soddisfacimento degli obblighi relativi al pagamento di imposte, ben può intendersi come riferita alla inesistenza di cause di esclusione, id est alla inesistenza di obblighi –e, dunque, di violazioni- definitivamente accertati;
– in tal senso opinando, indi, la dichiarazione della ricorrente non vale ad assumere un carattere di falsità, atteso che effettivamente –e siccome sopra illustrato- della esistenza di un obbligo di pagamento a’ sensi dell’art. 80, comma 4, id est di un obbligo definitivamente accertato, non era in quel momento (né successivamente) a parlarsi;
– in ogni caso, il carattere equivoco della stessa formulazione dei quesiti siccome riprodotti nel modello di DGUE, e le peculiari modalità attraverso cui è possibile fornirvi risposta, vale ad escludere a carico della ricorrente il giudizio di riprovevolezza sotteso alla causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. f-bis) del d.lgs. 50/16″.