Le risoluzioni anticipate del contratto per violazione del Codice Etico, rappresentano un grave inadempimento contrattuale ai sensi dell’articolo 80 comma 5 lett.c)?
Secondo Tar Lazio, Roma, Sez. II , 25 marzo 2019 , n. 3910 , SI.
L’impresa ricorrente è stata esclusa dalla gara a causa di tre risoluzioni anticipate del contratto per violazione del Codice Etico ( risoluzioni non contestate in giudizio ) in precedenti appalti .
Il Tar conferma la tesi della stazione appaltante, secondo cui le risoluzioni , non contestate in giudizio, producono la perdita di affidabilità dell’operatore che ,ai sensi dell’articolo 80 comma 5 lett.c) del Codice, determina l’ esclusione dalla gara.
Secondo la stazione appaltante, sebbene non si riferiscano ad una difettosa esecuzione della prestazione, le risoluzioni sono comunque significative e palesano la grave scorrettezza dell’operatore, tale da incidere sulla sua integrità e idoneità ad inverare una seria controparte contrattuale.
E non è possibile neppure valorizzare le misure di self clean adottate, che non sarebbero sufficienti a far recuperare l’affidabilità e l’integrità del concorrente.
Secondo il Tar capitolino la stazione appaltante ha correttamente valorizzato i tre episodi risolutori fondati su di una grave violazione degli obblighi negoziali ( la violazione del Codice Etico appunto ).
Con l’opportuna precisazione che tali obblighi, seppur non attinenti stricto sensu all’esecuzione materiale della prestazione, pur tuttavia concorrevano ad individuare la prestazione contrattuale in senso lato, intendendosi con tale espressione “il comportamento dovuto” che l’operatore doveva porre in essere.
Del resto, non vi è dubbio che, violando il Codice Etico, integrante una condizione espressa risolutiva del rapporto, l’impresa è incorsa in una specifica ipotesi di inadempimento, il quale ha, di fatto, impedito il normale funzionamento del programma contrattuale, per un fatto sicuramente a lei addebitabile .
Né la “contrattualizzazione” del Codice Etico può sembrare irragionevole, siccome strumento surrettizio per “allargare” a dismisura lo spettro dei gravi illeciti professionali, come sembra dolersi il ricorrente.
Ad avviso del Collegio,insomma, la stazione appaltante ha applicato correttamente l’art. 80 comma 5, lett. c), ritraendo il giudizio negativo di inaffidabilità e di perdita dell’integrità morale da tre vicende sufficientemente caratterizzate.
Ad onor del vero va segnalato come l’impresa ricorrente abbia partecipato a ben 155 procedure ad evidenza pubblica, rendendo le medesime dichiarazioni con cui ha indicato i citati provvedimenti di risoluzione contrattuale e che in nessun caso è stata mai esclusa ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), del D.Lgs. 50/2016 e s.m.i. .
L’impresa , insomma, non ha tutti i torti nell’evidenziare che si stanno “allargando” a dismisura i gravi illeciti professionali, a seconda delle interpretazioni delle stazioni appaltanti.
Servirebbe probabilmente una tipizzazione chiara delle fattispecie escludenti, ma la questione non sembra all’orizzonte , ed allora non resta che attendere i giudici….