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Omissione non è sinonimo di falsità

Tar Lazio, Roma, Sez. I, 21 dicembre 2107, n. 12572

Omissione non è sinonimo di falsità: l’Anac bacchettata dal Tar Lazio, Roma, Sez. I, 21 dicembre 2107, n. 12572.

Ad una ditta viene comminata una sanzione di 10000 euro con conseguente annotazione al casellario informatico degli operatori economici dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, ex art. 38, comma 1-ter, d.lgs. n. 163/2006, in quanto l’Anac aveva ritenuto configurato l’elemento psicologico del dolo nell’omissione di dichiarazione resa in una procedura ad evidenza pubblica.

Considerato che, in relazione al primo motivo di ricorso, il Collegio osserva come, se pure la giurisprudenza abbia rilevato che non possa ritenersi vincolante la qualificazione della fattispecie effettuata dall’Amministrazione nel corredo motivazionale del provvedimento e che l’art. 46, comma 1-bis, d.lgs. n. 163/06 attribuisca rilievo, a tali fini, al mancato adempimento delle prescrizioni previste dal corpus normativo senza guardare all’elemento soggettivo del concorrente, con la conseguenza che non occorre indugiare sulla configurabilità dell’omissione contenuta nella dichiarazione in termini anche di non veridicità (Cons. Stato, Sez. V, 4.12.17, n. 5707), tale conclusione è comunque limitata alla fattispecie di esclusione da una pubblica gara, peraltro legittimamente disposta dalla stazione appaltante nella presente fattispecie, secondo le conclusioni del Tar Campania e del Consiglio di Stato (sentenze, rispettivamente, n. 3268/2016 e n. 4514/2016);

Considerato che la giurisprudenza ha pure evidenziato che, nelle procedure di evidenza pubblica, la completezza delle dichiarazioni è già di per sé un valore da perseguire perché consente – anche in ossequio al principio di buon andamento dell’amministrazione e di proporzionalità – la celere decisione in ordine all’ammissione dell’operatore economico alla gara, per cui una dichiarazione inaffidabile (perché falsa o incompleta) è già di per sé stessa lesiva degli interessi considerati dalla norma e non può essere “sanata” ricorrendo alla categoria del “falso innocuo” (Cons. Stato, Sez. III, 21.11.17, n. 5414; TAR Lazio, Sez. III ter, 5.2.15 n. 2129);

Considerato che se anche, per stessa ammissione della ricorrente, al caso di specie non era applicabile, “ratione temporis”, la novella di cui all’art. 38, comma 2-bis, introdotto dal d.l. n. 90/14, quale norma innovativa e non di carattere interpretativo, nel caso di specie è necessario valutare non la legittimità dell’esclusione ma la legittimità dell’applicazione dell’ulteriore potere sanzionatorio che il legislatore riconosce a una Autorità terza, diversa dalla stazione appaltante;

Considerato che, sotto tale profilo, il Collegio ritiene fondato quanto dedotto con il primo motivo di ricorso, in quanto la norma che fonda il potere sanzionatorio di cui al provvedimento impugnato in questa sede, di cui all’art. 38, comma 1-ter, d.lgs. n. 163/06 (ora art. 80, comma 12, d.lgs. n. 50/2016), fa espresso riferimento solo al caso di presentazione di “falsa dichiarazione o falsa documentazione” e non anche a quello di mera omissione di dichiarazione o documentazione;

Considerato che la specifica norma in esame, in quanto di carattere sanzionatorio e afflittivo, incidendo in maniera ulteriore rispetto alla già disposta esclusione dalla singola gara, deve essere qualificata come di stretta interpretazione (Cons. Stato, Sez. IV, 4.8.15, n. 3857);

Considerato che deve essere escluso ogni automatismo tra esclusione, omissione e potere sanzionatorio di inibizione ex art. 38, comma 1-ter cit., in quanto tale norma ribadisce anche che l’Autorità valuta la sussistenza di dolo o colpa grave “…in considerazione della rilevanza o della gravità dei fatti oggetto della falsa dichiarazione o della presentazione di falsa documentazione”, legando quindi la valutazione discrezionale alla sussistenza di falsità e non anche a mere omissioni, per le quali, peraltro, la normativa vigente ha previsto il rimedio del “soccorso istruttorio” in sede di gara;

Considerato che, nel caso di specie, assume rilevanza anche la circostanza per la quale la procuratrice coinvolta non aveva alcun precedente penale e quindi non risultava neanche sotto il lato sostanziale la non corrispondenza ai requisiti richiesti dall’art. 38 cit.;

Considerato che su tale profilo la motivazione del provvedimento impugnato non si sofferma, limitandosi a illustrare solo una riconducibilità “dolosa” dell’omissione in questione, senza considerare – o quantomeno approfondire – che la norma applicata fa inequivoco riferimento, a monte, alla “falsità” o non all’”omissione” della dichiarazione/documentazione resa”.

Scritto da Elvis Cavalleri

Senior partner della società TrasP.A.re, specializzata in contratti pubblici; laureato in giurisprudenza, in scienze e gestione dei servizi (scienze della pubblica amministrazione) ed in scienze del servizio sociale; esperienza decennale in qualità di dipendente di pubbliche amministrazioni nella gestione di gare d'appalto; curatore scientifico del portale giurisprudenzappalti.it