Ai liberi professionisti si applicano le tabelle ministeriali relative al costo del lavoro?
L’appellante sostiene l’inadeguatezza dei compensi dei liberi professionisti (direttore dei lavori, direttore operativo e ispettori di cantiere), che avrebbe dovuto indurre a concludere per “l’inaffidabilità dell’offerta”.
La sentenza di primo grado motiva nel senso che “il riferimento alla tariffe di cui al DM 143/13 non coglie nel segno: trattandosi di “Regolamento recante determinazione dei corrispettivi da porre a base di gara nelle procedure di affidamento di contratti pubblici dei servizi relativi all’architettura ed all’ingegneria” individua i parametri per la determinazione del corrispettivo da porre a base di gara nelle procedure di affidamento di contratti pubblici dei servizi relativi all’architettura ed all’ingegneria ma non prevede il compenso che un professionista offre per lo svolgimento di un servizio”.
L’appellante obietta che non potrebbe non considerarsi indice di anomalia un notevole scostamento da tali parametri, come si ha nel caso di specie, pur non essendo previsto per legge un compenso professionale minimo per i liberi professionisti.
Secondo Cons. Stato, sez. V, 25 novembre 2019, n. 8048 l’obiezione è infondata.
“Il riferimento alle tabelle di cui all’art. 23, comma 16, contenuto nell’art. 97, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016, ne comporta l’inapplicabilità ai liberi professionisti; ciò non determina “la sostanziale totale non verificabilità delle offerte nell’ambito di un appalto di servizi attinenti l’ingegneria e l’architettura, in cui è fisiologico che molte prestazioni vengano svolte da liberi professionisti”, come sostenuto dall’appellante; piuttosto, la verifica di congruità va svolta alla stregua degli ulteriori parametri di riferimento dettati dallo stesso art. 97. Escluso che rilevi, come già ritenuto dalla sentenza, il D.M. n. 143 del 2013, va dato atto che per tutti i professionisti l’aggiudicataria ha fornito i chiarimenti richiesti dalla stazione appaltante circa le fonti contrattuali regolanti le rispettive prestazioni e che, in mancanza di ulteriori deduzioni dell’appellante atte a dimostrare l’insostenibilità economica complessiva dell’offerta, il giudizio di congruità non presenta profili di macroscopica illogicità o erroneità fattuale tale da rendere palese una siffatta insostenibilità“.