Risposta affermativa al quesito arriva da T.A.R. Lazio, III-Q, 13 febbraio 2025, n. 3233
Con riferimento alla presunta illegittimità costituzionale dell’art. 94, comma 3, lett. h), del d.lgs. n. 36 del 2023, laddove demanda alla P.A. la valutazione della sussistenza della figura di un amministratore di fatto, eccepita da parte ricorrente, ritiene il Collegio che non sussistano dubbi di non manifesta infondatezza della stessa. La Stazione appaltante, in sede di verifica dei requisiti di partecipazione alle procedure di gara, è inevitabilmente tenuta ad effettuare valutazioni sia giuridiche che tecniche, che rientrano appieno nelle sue competenze e capacità. Peraltro, nel caso di specie, la fonte della valutazione dell’amministrazione è stata proprio un atto giurisdizionale, che la società ricorrente ha tentato di sconfessare.
Con riferimento all’istanza di rinvio pregiudiziale, in quanto mancherebbe “una legge nazionale che indichi in modo chiaro come si debba individuare la figura dell’amministratore di fatto”, osserva il Collegio che Direttiva 2014/24/UE prevede, all’art. 57, tra le cause di esclusione obbligatoria, la condanna definitiva per determinati reati da parte, tra l’altro, di colui ha, negli organi direttivi e di controllo della società, “poteri di rappresentanza, di decisione o di controllo”, a prescindere dalla qualifica formalmente rivestita. Peraltro, per le ragioni sopra indicate, la circostanza che la Stazione appaltante, nello stabilire, alla luce dei criteri elaborati dalla giurisprudenza penale, civile e amministrativa, se colui al quale il reato c.d. escludente è contestato sia un amministratore di fatto, è tenuta ad una valutazione discrezionale non implica una violazione del principio di legalità e proporzionalità.