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Il “difetto di sottoscrizione” dell’offerta: ovvero il simulacro del “difetto di funzionamento” del sistema appalti

E’ davvero incredibile che ancor oggi debbano nutrirsi dubbi rispetto alle sorti dell’offerta (tecnica o economica) carente della sottoscrizione dell’offerente “sbadato”, ovvero:

  • se si debba accordare il soccorso istruttorio;
  • se si debba procedere alla sua immediata esclusione.

Esplicative della legittimità di detti dubbi sono due (invero tre) recentissime pronunce rese nel solo gennaio 2022, che sol a distanza di pochi giorni l’una dall’altra approdano a conclusioni diametralmente opposte.

La situazione non è di poco momento, in quanto il bando tipo Anac n. 1 è schierato con l’orientamento (ancora minoritario) che legittima il ricorso al soccorso istruttorio. L’Authority ha dunque scelto di perseverare nel suo tradizionale orientamento, in continuità con quanto oltre un lustro fa aveva già sostenuto nella celeberrima determinazione 1/2015, come noto pezzo dopo pezzo bersagliata dalla giurisprudenza. Sicché, ove il RUP ritenesse di aderire all’opposto orientamento, dovrebbe motivare la deroga apportata nel proprio bando rispetto alle prescrizioni di quello “tipo”.

Favorevole al soccorso istruttorioTar Veneto, I, 24 gennaio 2022, n. 159

Il Collegio, dando preliminarmente atto del contrasto giurisprudenziale e richiamandolo diffusamente (si rinvia alla lettura integrale della pronuncia) aderisce all’orientamento secondo cui  l’offerta priva di sottoscrizione sarebbe comunque ammissibile quando, in base alle circostanze concrete, la stessa risulti con assoluta certezza riconducibile e imputabile a un determinato soggetto o operatore economico, in quanto lo stesso:

– appare maggiormente conforme al principio del raggiungimento dello scopo e della strumentalità delle forme di cui agli artt. 156, commi 2 e 3, cod. proc. civ. e 21 octies, comma 2, della legge n. 241 del 1990;

– appare maggiormente conforme ai principi e ai criteri direttivi determinati dalla legge delega n. 11 del 2016, sulla cui base è stato emanato il d.lgs. n. 50 del 2016, e in particolare del divieto di “gold plating” di cui alla lett. a), del principio di semplificazione delle procedure di cui alla lett. i), e del criterio di riduzione degli oneri documentali a carico dei soggetti partecipanti di cui alla lett. z), i quali tutti esprimono una preferenza del legislatore per la riduzione degli “oneri non necessari” a carico delle imprese – ossia degli adempimenti che non siano giustificati dal perseguimento di obiettivi di carattere generale;

– risulta maggiormente coerente con i principi cardine di buon andamento e di concorrenza, intesa come massima partecipazione alle gare, consentendo, da un lato, alla stazione appaltante di beneficiare di ulteriori offerte competitive e, dall’altro lato, alle imprese di evitare di essere escluse dalle procedure per meri errori materiali riconoscibili.

Con la precisazione (invero diabolicamente ambigua, soprattutto in relazione al successivo punto c) che, ai fini di ritenere ammissibile un’offerta priva di una valida sottoscrizione, occorre verificare in concreto in relazione alle specificità del caso:

a) che sia stato effettivamente raggiunto in modo certo il duplice “scopo” della sottoscrizione, ossia quello di assicurare sia la riferibilità soggettiva – la paternità – della dichiarazione a tutte le imprese del costituendo raggruppamento, sia l’assunzione da parte delle stesse imprese dell’impegno negoziale all’esecuzione della prestazione;

b) che non sia stato leso, anche in via meramente potenziale, un interesse sostanziale dell’Amministrazione e in particolare che dalla omessa sottoscrizione non possa derivare il “rischio che possano insorgere contestazioni interne ai componenti del raggruppamento incidenti negativamente sulla fase di esecuzione del contratto”;

c) che non sia stata posta in essere una violazione della necessaria par condicio dei concorrenti, con l’attribuzione di un indebito vantaggio competitivo o con il riconoscimento della “facoltà di sanare una carenza essenziale attinente alla volontà negoziale”.

Contrarie al soccorso istruttorio: Tar Abruzzo, I, 21 gennaio 2022, n. 23; Tar Lazio, Roma, II, 19 gennaio 2022, n. 648

Secondo il Collegio pescarese Il difetto di sottoscrizione rileva quale carenza di un elemento essenziale dell’offerta, poiché, secondo l’opinione prevalente, la firma serve innanzitutto a documentare la legittima provenienza di un documento ed a riferirne con certezza il contenuto ad un determinato soggetto, in modo da poter escludere che la genuinità dello stesso possa essere messa in discussione. Nella contrattualistica pubblica la sottoscrizione assume altresì la valenza di vincolare l’offerente all’assunzione dell’impegno negoziale ed alle conseguenti responsabilità.

Con analoghe argomentazioni, il Collegio capitolino ha ritenuto che, alla luce del combinato disposto degli artt. 32, comma 4, 48, comma 8 e 83, comma 9, del codice dei contratti, la sottoscrizione dell’offerta, in tutte le sue autonome componenti costitutive, è destinata ad individuare l’autore della dichiarazione negoziale e quindi la provenienza soggettiva dell’offerta, assicurando la serietà e l’insostituibilità della stessa, nonché a far sorgere formalmente la responsabilità del concorrente per l’adempimento dell’obbligazione avente ad oggetto la complessa prestazione richiesta dalla stazione appaltante, sicchè, data la sua natura e funzione, la sua mancanza di sottoscrizione non è sanabile mediante soccorso istruttorio.

Ai posteri (o alla Plenaria) l’ardua sentenza…

Scritto da Elvis Cavalleri

Senior partner della società TrasP.A.re, specializzata in contratti pubblici; laureato in giurisprudenza, in scienze e gestione dei servizi (scienze della pubblica amministrazione) ed in scienze del servizio sociale; esperienza decennale in qualità di dipendente di pubbliche amministrazioni nella gestione di gare d'appalto; curatore scientifico del portale giurisprudenzappalti.it