La norma
Come noto, nella comunicazione di aggiudicazione la stazione appaltante deve dare atto delle decisioni assunte sulle richieste di oscuramento degli operatori economici delle parti di offerte coperte da segreto tecnico e commerciale (art. 36 c. 3).
Il Codice si premura di disciplinare il caso in cui la pretesa ostensiva delle informazioni contenute nelle offerte avvenga contestando la natura di informazioni riservate dei dati cui vorrebbero accedere (art. 36 c. 4).
La falla nella norma
Cosa succede invece nel caso in cui la pretesa ostensiva, pur senza porre in dubbio la natura riservata delle offerte, s’alligni sulla dimostrazione che l’accesso è comunque indispensabile ai fini della difesa in giudizio.
Del resto, come pure chiarito dal Codice (art. 35 c. 5), l’accessibilità alle informazioni costituenti segreti tecnici o commerciali non è preclusa in assoluto, dovendo invece essere garantita se indispensabile ai fini della difesa in giudizio degli interessi giuridici rappresentati dal richiedente in relazione alla procedura di gara.
Siccome il Codice silente sul punto, rimane da chiarire chi mai debba sviluppare una siffatto bilanciamento tra esigenze di segretezza ed esigenze difensive.
Il giudizio
T.A.R. Lazio, III, 11 febbraio 2025, n. 3002 conferma quanto qui s’era anzitempo avuto modo di affermare (cfr. questo articolo), e ritiene che detta “valutazione non è compiuta dalla stazione appaltante in sede di decisione circa le istanze di oscuramento dei concorrenti, per l’ovvia ragione che in tale fase le esigenze conoscitive degli altri concorrenti non sono rappresentate“.
A contempo, però, il Collegio ritiene che detto bilanciamento nemmeno possa “essere effettuato per la prima volta in giudizio” dal Giudice, siccome la valutazone “deve essere compiuta da parte del soggetto pubblico competente, senza alcuna inversione tra procedimento e processo” (Cons. Stato, Ad. plen., 2 aprile 2020 n. 10, §. 11.9.)”.
Una diversa interpretazione, prosegue il Collegio, implicherebbe che il soggetto interessato all’accesso sarebbe costretto a impugnare un provvedimento che in realtà non intende censurare (i.e. non intende sindacare le decisioni sulla sussistenza dei segreti, perché li ritiene sussistenti), ma che costituirebbe la mera occasione per l’instaurazione di un processo in cui il giudice sarebbe chiamato a operare direttamente detto bilanciamento, con una conseguente commistione tra funzioni giurisdizionali e amministrative.
Come se ne esce allora?
La soluzione
Secondo il Collegio il “concorrente può sempre sollecitare la stazione appaltante, mediante istanza di accesso, a valutare l’esistenza dei presupposti di ostensibilità delle informazioni riservate sulla base del giudizio di stretta indispensabilità. La determinazione della stazione appaltante sul punto potrà, poi, essere oggetto di impugnativa negli ordinari termini previsti dal rito in materia di accesso“.
Ma allora, perché tanta fatica per valutare le richieste di oscuramento dei primi 5 graduati, quando la valutazione di stretta indispensibilità (inibita in prima istanza alla stazione appaltante) costituisce un prius logico rispetto alla sussistenza dei segreti?
L’ulteriore “falla” rilevata dal T.A.R. Lazio rende evidente come il novello rito stia acuendo i problemi che intendeva risolvere, e che sia probabilmente meritevole di abrogazione.