Il Tar Lazio, oltre a ricordare come il principio di etero-integrazione del bando sia di stretta applicazione, si esprime su un caso nel quale, per la produzione di prodotti destinati alle Forze Armate, risulta necessaria licenza prevista dall’articolo 28 del TULPS.
Questa la decisione di Tar Lazio, Roma, Sez. I Bis, 12/06/2023, n. 9938, che accoglie il ricorso:
3.2. Il Collegio ritiene che il ricorso sia fondato.
Ordinariamente in una procedura di gara le fonti della stessa a cui gli operatori economici devono fare riferimento, sono rappresentate dal bando, dal capitolato e dal disciplinare, con gli eventuali allegati. Tuttavia, laddove il bando non abbia preso in considerazione degli obblighi ulteriori previsti da norme di legge imperative, interviene il principio di cd. etero-integrazione del bando che consente di colmare la lacuna della lex specialis, integrandone le disposizioni con le prescrizioni normative aventi carattere cogente (cfr. Consiglio di Stato sez. III, 14.12.2022, n.10935). Trattandosi di un rimedio, tuttavia, potenzialmente lesivo della massima partecipazione degli operatori alle gare e, se riguardanti le clausole di esclusione, della tassatività e della preventiva conoscibilità delle stesse, detto principio è di stretta applicazione (cfr. T.A.R. Roma, sez. I, 29.07.2019, n.10064).
Nel caso di specie, data la cogenza delle disposizioni di cui alla legge n. 144/2005, soprattutto in rapporto con la loro ratio e con le conseguenze penali derivanti dalla mancata ottemperanza a tali prescrizioni, non può dubitarsi che, considerato l’oggetto dell’appalto, la lex specialis debba ritenersi integrata da dette disposizioni, in particolare dall’invocato art. 28 del TULPS.
Invero detto articolo, così come modificato dalla legge n. 144/2005, prevede che “La licenza è altresì necessaria per […] la fabbricazione e la detenzione delle tessere di riconoscimento e degli altri contrassegni di identificazione degli ufficiali e degli agenti di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria, […]”.
La disposizione prevede, a tutela della sicurezza collettiva, che un complesso di attività di produzione e commercio di segni identificativi delle forze armate siano svolte da soggetti che possiedono adeguati requisiti soggettivi, donde la necessità di autorizzazione secondo le modalità di cui all’art. 11 del predetto TULPS. La ratio, invero, è anche quella di tutelare l’affidamento della collettività rispetto all’utilizzo di contrassegni identificativi degli appartenenti alle forze armate che sarebbe gravemente compromessa se gli stessi potessero essere fabbricati e commercializzati da chiunque e senza nessun controllo. Se si consentisse la fabbricazione e commercializzazione di segni distintivi senza l’autorizzazione di pubblica sicurezza, infatti, si minerebbe la sicura riconoscibilità della provenienza dei contrassegni di identificazione dalle forze armate che, invero, appare dotata della sua forza identificativa proprio grazie al complesso di norme e prescrizioni che ne tutelano le caratteristiche e la derivazione. Se si considera che la legge prevede particolari accorgimenti (presentazione dei documenti attestanti l’appartenenza alla forza armata, annotazione in un registro, ecc.) in relazione all’acquisto finanche da parte di appartenenti di forze dell’ordine di materiale ed equipaggiamento delle stesse, apparirebbe contraddittorio consentire, senza l’autorizzazione di cui all’art. 28 TULPS, la fabbricazione e commercializzazione di materiale che evidentemente rientra nella fattispecie di “contrassegni di identificazione” individuati dalla norma.