Costi sicurezza aziendali e manodopera nelle concessioni: vi è l’obbligo di indicazione degli stessi nell’offerta economica ai sensi dell’art. 95, decimo comma del Codice?
La ricorrente deduce la violazione dell’art. 95 co. 10 del d.lgs. n. 50/2016, che, imponendo di indicare nell’offerta economica i costi della manodopera e gli oneri aziendali per la sicurezza, avrebbe introdotto un ineludibile obbligo legale, la cui violazione comporterebbe l’esclusione dalla procedura di affidamento.
La società resistente replica che la disciplina invocata non si applicherebbe nella fattispecie, a ciò ostando il combinato disposto degli artt. 164 co. 2 e 173 dello stesso d.lgs. n. 50/2016. E anche a voler qualificare il contratto come appalto di servizi, l’art. 95 cit. varrebbe per i soli appalti di valore superiore alla soglia comunitaria.
Quid juris?
Il Tar Toscana, Firenze, Sez. I, 14 dicembre 2017, n. 1566, partendo da concetti condivisibili che rispondono correttamente ai due quesiti, si spinge forse troppo oltre sino al non ritenere applicabili i principi stabiliti dalla Corte di Giustizia UE, Sezione Sesta, 2 giugno 2016 in causa C-27/15, “Pippo Pizzo”, riferiti al previgente codice di cui al d.lvo 163/2006 ma vertente su fattispecie sovrapponibile. Che la questione non si è chiara lo testimonia la giurisprudenza che nell’ultimo hanno ha già avuto pareri discordanti sul tema, tant’è che ha già rimesso la questione alla CGUE (cfr. Tar Basilicata, Sez. I, ordinanza 25 luglio 2017, n. 525).
Siamo proprio sicuri allora che i principi della Corte espressi sul tema siano incompatibili con il nuovo assetto normativo?
Ecco i contenuti della sentenza:
“Vero è che, come sostiene la resistente, ai sensi dell’art. 173 co. 1 del Codice le concessioni sono aggiudicate sulla base dei principi di cui al precedente art. 30. Nondimeno, gli oneri della sicurezza aziendale non costituiscono un criterio di aggiudicazione, bensì una componente dell’offerta economica che l’art. 95 co. 10 impone di scorporare, senza che tale obbligo possa considerarsi incompatibile con la disciplina specifica delle concessioni.
Quanto all’applicabilità dell’art. 95 co. 10 agli appalti di valore inferiore alla soglia eurounitaria, deve osservarsi come la norma, nel testo originario applicabile ratione temporis alla procedura per cui è causa, non ammettesse alcuna eccezione, dovendosi pertanto ritenere che l’obbligo di specificare nell’offerta gli oneri della sicurezza valesse anche per gli affidamenti sotto soglia. Che questa fosse l’intenzione del legislatore si ricava anche dalle modifiche oggi apportate all’art. 95 co. 10 dal decreto “correttivo” 19 aprile 2017, n. 56, a seguito del quale l’obbligo di indicare gli oneri della sicurezza è stato escluso, fra l’altro, per gli affidamenti ai sensi dell’art. 36 co. 2 lett. a): sono, questi, gli affidamenti di importo inferiore a 40.000,00 euro eseguiti mediante affidamento diretto o amministrazione diretta, che, ove non fosse stata prevista l’eccezione, avrebbero necessariamente dovuto – a contrario – considerarsi soggetti all’obbligo di indicazione degli oneri per la sicurezza.
La circostanza, poi, che l’eccezione introdotta dal “correttivo” riguardi solo gli affidamenti inferiori ai 40.000,00 euro implica che, per gli importi superiori, ancorché sotto soglia, l’obbligo continui ad operare come già in precedenza. D’altro canto, l’art. 36 co. 2 fa espressamente salva per le stazioni appaltanti la possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie per tutti gli affidamenti sotto soglia, ivi compresi quelli inferiori ai 40.000,00 euro, nel qual caso l’obbligo si riespande anche per questi ultimi.
Alla mancata indicazione degli oneri non può che conseguire l’esclusione del concorrente dalla gara, pur in assenza di una specifica disposizione nel bando.
Il collegio non intende discostarsi dall’indirizzo interpretativo invalso, secondo cui le condizioni di partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici devono essere tutte indicate nel bando di gara, e che solo in caso eccezionali ammette l’eterointegrazione della lex specialis con obblighi imposti da norme di legge, sul presupposto che l’enucleazione di cause di esclusione non conosciute o conoscibili dai concorrenti contrasta con i principi europei di certezza giuridica e di massima concorrenza. Al principio di tassatività delle cause di esclusione, sancito dall’art. 83 co. 8 del d.lgs. n. 50/2016, non può tuttavia attribuirsi valenza differente da quella che la giurisprudenza gli aveva assegnato nel vigore dell’art. 46 del d.lgs. n. 163/2006, stante la sovrapponibilità testuale delle due disposizioni: l’esclusione dalla gara va pertanto disposta “sia nel caso in cui il codice, la legge statale o il regolamento attuativo la comminino espressamente, sia nell’ipotesi in cui impongano “adempimenti doverosi” o introducano, comunque, “norme di divieto” pur senza prevedere espressamente l’esclusione ma sempre nella logica del numerus clausus” (così l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 25 febbraio 2014, n. 9, la quale, rinviando alle proprie precedenti sentenze 16 ottobre 2013, n. 23, e 7 giugno 2012, n. 21, ribadisce la non necessità che la sanzione della esclusione sia espressamente prevista dalla norma di legge “allorquando sia certo il carattere imperativo del precetto che impone un determinato adempimento ai partecipanti ad una gara”). E non pare discutibile che, a differenza del passato, l’obbligo di indicare gli oneri della sicurezza nell’ambito dell’offerta economica costituisca nel vigore del d.lgs. n. 50/2016 un precetto imperativo espressamente risultante dal diritto nazionale, e non da una sua interpretazione, ciò che rende l’esclusione dalla procedura coerente con i principi di proporzionalità, trasparenza, e parità di trattamento come declinati dalla giurisprudenza eurounitaria (cfr. Corte di Giustizia UE, Sezione Sesta, 2 giugno 2016 in causa C-27/15, “Pippo Pizzo”).
Correlativamente, va esclusa la possibilità di emendare il vizio mediante l’esercizio del potere di soccorso istruttorio, che, a norma dell’art. 83 co. 9 del Codice dei contratti pubblici, non può riguardare gli elementi mancanti, incompleti o irregolari dell’offerta tecnica o economica”.