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Correzione errore formale offerta economica

Tar Lazio, Roma, sez. II-ter, 13 marzo 2018, n. 2846

Correzione errore formale offerta economica: breve excursus a cura del Tar Lazio, Roma, sez. II-ter, 13 marzo 2018, n. 2846

“Circa il potere della S.A. di provvedere alla correzione di errori materiali nell’offerta, fermo restando il divieto di alterazione o modificazione della stessa, giova rilevare come la giurisprudenza ammette tale possibilità, avendola esaminata ai fini della discordanza tra la indicazione in cifre ed in lettere (in questo caso ritiene la prevalenza della cifra in lettere); e quanto al caso della divergenza tra prezzi unitari, quantità e prezzo totale nei casi dei listini, in relazione al quale ritiene la prevalenza dei primi.

Più precisamente, viene intanto in rilievo il principio espresso dal Regio decreto – 23/05/1924, n.827 il quale prevede, all’art. 72, che “quando in una offerta all’asta vi sia discordanza fra il prezzo indicato in lettere e quello indicato in cifre, è valida l’indicazione più vantaggiosa per l’amministrazione”.

Secondo il Consiglio di Stato, Ad. plen. 13 novembre 2015 n. 10, l’art. 72, r.d. 23 maggio 1924, n. 827, appena indicato, avendo come obiettivo principale l’equilibrio economico-finanziario dello Stato, è derogato, nelle gare pubbliche di appalto aventi ad oggetto l’acquisizione di servizi, prodotti, lavori ed opere, dall’art. 119, d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, che al comma 2, prevede che «in caso di discordanza prevale il ribasso percentuale indicato in lettere» e, al comma 3, che «nel caso di discordanza dei prezzi unitari offerti prevale il prezzo indicato in lettere»; pertanto, il vantaggio per l’Amministrazione assurge a criterio dirimente in caso di contrasto fra offerta espressa in lettere ed offerta espressa in cifre, laddove occorra massimizzare gli introiti per l’Erario. Si è affermato inoltre (vedasi T.A.R. Brescia sez. II 03 dicembre 2014 n. 1325) che è legittimo da parte della stazione appaltante provvedere alla correzione degli importi indicati in modo errato dall’aggiudicatario nell’offerta, recanti un errore nella moltiplicazione del prezzo unitario per la quantità; tale prassi, da tempo invalsa, ha avuto formale riconoscimento al comma 7 dell’art. 119 d.P.R. n. 207/2010, in forza del quale in caso di discordanza fra il prezzo complessivo e quello dipendente dal ribasso percentuale offerto, tutti i prezzi unitari sono corretti in modo costante in base alla percentuale di discordanza (per altre fattispecie, vedasi T.A.R. Lecce, sez. I 16 aprile 2014 n. 986; T.A.R. Milano, sez. I 31 marzo 2014 n. 848).

Appare evidente la novità della odierna fattispecie rispetto alla casistica giurisprudenziale; tuttavia, dal momento che i principi elaborati dalla giurisprudenza confermano l’ammissibilità di un intervento correttivo del Seggio di gara che riscontri un errore materiale dell’offerta medesima, può affermarsi che, nell’ambito di questo potere correttivo, non può che rientrare anche la possibilità di risolvere, correttamente interpretando l’offerta, un contrasto tra percentuale di rialzo e prezzo unitario, riconoscendo la prevalenza della prima indicazione sul secondo elemento, quando il bando preveda l’aggiudicazione alla migliore percentuale di rialzo offerta, come accade nel caso di specie.

Invero, deve osservarsi che, come puntualmente evidenziato dalla difesa di Alfa, se il prezzo unitario da offrire – che non poteva essere inferiore a 20€ a ton – fosse stato solamente quello derivante dalla moltiplicazione della percentuale di rialzo al prezzo base, allora è chiaro che tutti i rialzi fino al 100% avrebbero condotto ad un prezzo unitario pari o inferiore a quello a base d’asta.

Va dato atto alla difesa della ricorrente che il bando specificava che erano escluse le offerte con percentuale rialzo pari o inferiore a 0%.

Tuttavia, il complesso della disciplina della lex specialis, ed, in particolare, la previsione secondo cui l’aggiudicazione dell’incanto sarebbe stata disposta in favore del maggior rialzo percentuale (art. 8), conduce a ritenere che l’aspetto appena sopra indicato costituisca nulla più che una imprecisione formale o meramente stilistica e redazionale del testo, essendo chiaro – al più attento esame – che la relativa previsione fosse finalizzata ad escludere l’ammissibilità di offerte la cui risultante finale fosse quella di non comportare un aumento del prezzo a base d’asta (coerentemente con la natura del procedimento selettivo); correlativamente, laddove il bando prescriveva che l’offerta dovesse essere redatta con l’indicazione della percentuale di rialzo da applicare all’importo unitario posto a base d’asta e dell’importo unitario offerto, deve ritenersi che avesse configurato in quest’ultima indicazione una funzione ancillare, con lo scopo evidente di consentire al Seggio una pronta ed immediata conversione del rialzo senza necessità di ricorrere al calcolo matematico.

Pertanto, il procedimento osservato dalla S.A. che, in presenza di una discordanza tra la percentuale di rialzo ed il prezzo unitario, ha adeguato quest’ultimo alla prima, si rivela pienamente corretto.

Scritto da Elvis Cavalleri

Senior partner della società TrasP.A.re, specializzata in contratti pubblici; laureato in giurisprudenza, in scienze e gestione dei servizi (scienze della pubblica amministrazione) ed in scienze del servizio sociale; esperienza decennale in qualità di dipendente di pubbliche amministrazioni nella gestione di gare d'appalto; curatore scientifico del portale giurisprudenzappalti.it