Quali sono le caratteristiche del Consorzio Stabile ( in particolare in appalti di forniture e servizi ) ?
Lo ricorda Consiglio di Stato, Sez. III , 16 /04 /2019 , n.2493.
I giudici del Consiglio di Stato ribaltano la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta) n. 00262/2019 che aveva stabilito come il Consorzio concorrente non potesse avvalersi dei requisiti di partecipazione delle consorziate ( criterio del cumulo alla rinfusa ) e dunque non fosse qualificato per svolgere l’appalto.
I giudici lombardi avevano evidenziato come non emergesse “ l’esistenza di un’autonoma struttura aziendale” in capo al Consorzio, “distinta da quella delle imprese consorziate”.
Il Tar Lombardia aveva posto l’accento sui seguenti elementi:
– lo statuto consortile, oltre a non riportare la denominazione “consorzio stabile” (articolo 1), indica quale oggetto sociale – tra gli altri – l’assunzione di lavori e ordinativi da ripartire tra i consorziati (articolo 2). A sua volta, la visura camerale conferma che l’attività prevalente del Consorzio è il «reperimento di lavoro per le imprese consorziate che operano nel settore ospedaliero», e non anche lo svolgimento in proprio di quel lavoro;
– lo stesso Consorzio ha ammesso di non avere dipendenti propri e che i dipendenti che svolgono le prestazioni contrattuali sono quelli delle consorziate: ebbene, “non può certo qualificarsi come stabile un consorzio che si avvale esclusivamente delle strutture e del personale delle singole consorziate”;
– “non sono emersi in giudizio elementi che attestino la presenza di un idoneo patrimonio (oltre all’esiguo fondo consortile) per l’esercizio dell’attività d’impresa. Così come non sono state prodotte le delibere delle imprese consorziate volte alla costituzione di un consorzio avente il carattere di consorzio stabile”.
Per questi motivi il Consorzio concorrente non poteva avvalersi dei requisiti di partecipazione delle consorziate ( criterio del “cumulo alla rinfusa” ) e dunque non risultava qualificato per svolgere l’appalto.
Il Consiglio di Stato decide in maniera opposta ai giudici lombardi, ricordando preliminarmente che la qualificabilità come “consorzio stabile” – deve essere accertata sulla scorta di una ricostruzione sostanzialistica dei suoi tratti identificativi, così come delineati dall’art. 45, comma 2, lettera c), D.Lgs. n. 50/2016.
Per cui è irrilevante l’assenza nell’atto costitutivo del Consorzio, di espresse indicazioni nominalistiche della sua natura così come di formali manifestazioni di volontà delle imprese consorziate dirette alla costituzione di un consorzio stabile (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, n. 5152 del 6 dicembre 2016).
Riguardo alla comune struttura d’impresa va ricordato che per pacifico orientamento della giurisprudenza tale aspetto non comporta, l’uso del verbo “istituire” in luogo di “costituire” ne è la significativa riprova, “un’autonoma struttura d’impresa né che la decisione delle imprese di operare in modo congiunto debba essere formalizzata in un apposito atto” (Cons. Stato V,15 ottobre 2010, n. 7524). Quel che conta invero, è la possibilità di ” individuare l’avvenuta creazione di un complesso strutturale ed organizzativo compatibile con il modello giuridico-formale di riferimento”).
Tanto premesso, non vi è dubbio che, analizzando il contenuto dell’atto costitutivo del Consorzio esso rechi la definizione di un modello organizzativo del tutto coerente con lo schema normativo di riferimento, ricorrendo di quest’ultimo: 1) il requisito numerico (“formati da non meno di tre consorziati”), partecipando al Consorzio 4 imprese; 2) temporale (“per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni”), essendo stabilita dall’atto costitutivo la durata di 25 anni; 3) teleologico (“abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture”); e 4) strutturale (“istituendo a tal fine una comune struttura di impresa”).
Dalle citate disposizioni si evince quindi la finalizzazione del Consorzio a partecipare in proprio alle procedure di affidamento e realizzare le relative attività preparatorie (in particolare di carattere progettuale) ed esecutive.
Quanto poi all’elemento strutturale, è sufficiente osservare che, ai sensi dell’art. 7 dell’atto costitutivo, le imprese consorziate si obbligano a “mettere a disposizione del consorzio, sempre pro quota e secondo le direttive del Consiglio, le risorse di qualsivoglia natura ivi compreso il personale, i materiali, i macchinari e le attrezzature occorrenti per l’esecuzione dei lavori assunti nonché i mezzi finanziari necessari ed utili alla loro corretta esecuzione”: è quindi evidente che la struttura organizzativa consacrata dall’atto costitutivo sia corredata degli strumenti e delle garanzie funzionali a dotare il consorzio, unitariamente e distintamente (rispetto alle imprese consorziate) considerato, dei mezzi necessari alla sua autonoma operatività imprenditoriale.
Secondo i giudici del Consiglio di Stato, rilievo discriminante, ai fini della riconoscibilità di un “consorzio stabile”, deve attribuirsi alla sussistenza di un “complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”, secondo la nozione civilistica di “azienda”.
Ebbene, è un dato acquisito, sul piano interpretativo, che ciò che connota l’impresa non è la disponibilità materiale dei mezzi e delle attrezzature necessarie allo svolgimento dell’attività produttiva, quanto piuttosto la disponibilità giuridica degli stessi, intesa come un complesso di rapporti giuridici che consentono all’imprenditore di disporre dei mezzi necessari all’esercizio dell’impresa, nonché la capacità dell’imprenditore medesimo di organizzarli in modo da asservirli ad una nuova funzione produttiva, diversa da quella delle imprese da cui quei mezzi siano eventualmente “prestati”: capacità che viene meno – a leggere attentamente la citata giurisprudenza – quando il consorzio operi avvalendosi della struttura imprenditoriale tout court delle imprese consorziate, replicandone la funzione produttiva, ma non quando esso attinga al patrimonio di queste ultime ai fini della costituzione di un nuovo assetto produttivo, di cui esso abbia la diretta responsabilità organizzativa.
Ed infine l’esistenza di una “autonoma struttura di impresa”, nel senso chiarito, non può ritenersi esclusa dal fatto, che i componenti del Consiglio di Direttivo del Consorzio siano contemporaneamente soci e/o amministratori delle singole imprese consorziate ovvero dal fatto che il consorzio e le singole consorziate hanno tutte la sede legale e operativa allo stesso indirizzo, ovvero ancora dal fatto che i dipendenti dichiarati in proprio dal Consorzio, in realtà, corrispondono alla somma dei dipendenti di ogni singola impresa consorziata.
Quanto alla composizione del Consiglio Direttivo del consorzio, invero, il fatto che i suoi singoli componenti siano contestualmente soci e/o amministratori delle imprese consorziate non elide l’autonomia organizzativa del consorzio: anzi, proprio il concorso dei soggetti suindicati alla composizione di un nuovo organismo decisionale dimostra la diversità organica del consorzio rispetto alle imprese consorziate.
Quanto poi alla comunanza della sede, essa è indice semplicemente di una scelta organizzativa improntata al migliore impiego delle risorse.
Il fatto, invece, che i dipendenti dichiarati dal consorzio corrispondano a quelli delle imprese consorziate si correla al già evidenziato obbligo di queste ultime di concorrere alla dotazione delle risorse consortili necessarie allo svolgimento dei suoi compiti.
Si tratta di una sentenza significativa che ricorda come sia necessario accertare in maniera accurata la natura effettiva dell’operatore economico, verificando sulla base di un approccio sostanzialistico la qualificazione di “Consorzio Stabile” ( con quel che ne consegue in termini di cumulo dei requisiti e di ammissioni/esclusioni dalle gare).