Il Consiglio di Stato conferma il consolidato principio secondo cui l’attestazione di qualificazione rilasciata sulla base di falsi documenti va annullata anche se in ipotesi la falsità non sia imputabile all’impresa che ha conseguito l’attestazione.
La vicenda riguarda l’appello di A.N.A.C avverso Sentenza del Tar Lazio che aveva accolto ricorso di impresa la cui attestazione SOA era stata dichiarata decaduta dalla Società di attestazione con conseguente annotazione nel Casellario informatico dell’Autorità.
Tar Lazio accoglieva il ricorso, sul presupposto che la Soa non dovesse soffermarsi solo sulla rilevata irregolarità fiscale – come invece accaduto nel caso di specie – bensì semmai, partendo da questa, dovesse comunque verificare, attraverso una compiuta e rigorosa istruttoria, fondata anche sugli elementi di fatto forniti dall’interessata, se i requisiti di ordine generale fossero comunque posseduti nella sostanza.
Consiglio di Stato, Sez. V, 6 marzo 2020, n.1644 accoglie l’appello di A.N.A.C, ribaltando la decisione del Tar.
Al riguardo, va confermato il consolidato principio secondo cui l’attestazione di qualificazione rilasciata sulla base di falsi documenti va annullata anche se in ipotesi la falsità non sia imputabile all’impresa che ha conseguito l’attestazione (ex multis, Cons. Stato, V, 28 ottobre 2010, n. 7646), al fine di consentire al sistema SOA di funzionare nel modo più rispondente agli interessi generali cui esso è preordinato, onde garantire che le attestazioni rilasciate alle imprese siano fondate su dati oggettivi ed incontrovertibili.
Invero, ciò che rileva per l’annullamento dell’attestazione di qualificazione è il fatto oggettivo della non veridicità dei documenti sulla base dei quali è stata conseguita (ex multis, Cons. Stato, VI, 22 novembre 2012, n. 5917; VI, 8 luglio 2010, n. 4442; VI, 15 novembre 2010, n. 8054).
L’art. 86, comma 5 del d.P.R. n. 207 del 2010 prevedeva, in ordine ai criteri di valutazione dei lavori eseguiti e dei relativi importi ai fini SOA, che “Per i lavori il cui committente non sia tenuto all’applicazione del codice e del presente regolamento […] le relative dichiarazioni sono corredate dalla seguente documentazione:
a) permesso a costruire ovvero dichiarazione di inizio attività, relativi all’opera realizzata, ove richiesti, con allegata copia autentica del progetto approvato;
b) copia del contratto stipulato;
c) copia delle fatture corrispondenti al quantitativo di lavori eseguiti;
d) copia del certificato di regolare esecuzione rilasciato dal direttore dei lavori”.
In base alla norma applicabile ratione temporis, i certificati di esecuzione lavori dovevano essere esibiti dalle imprese per la dimostrazione del requisito speciale di cui all’art. 79, comma 1, lettera b) del medesimo decreto (“adeguata idoneità tecnica e organizzativa”).
Nel caso di specie risulta che xxx aveva esibito, ai fini di conseguire l’attestazione SOA, tre fatture a corredo di un certificato di esecuzione per lavori privati, attestanti un importo totale di euro 846.754,00.
Peraltro, confrontando i dati di dette fatture con quelli trascritti sul registro IVA dell’anno 2011 della xxx era emerso che le prime due (in ordine cronologico) risultavano emesse in favore di soggetti diversi ed attestavano un importo totale pari ad appena 762,00 euro, mentre la terza riportava un numero di registrazione successivo all’ultimo progressivo annotato per quell’anno (di talché, in pratica, non era stata trascritta negli atti contabili).
Del tutto correttamente, dunque, l’ANAC aveva segnalato tali circostanze alla Soa …..in quanto proprio le fatture rivelatesi false (o falsificate) erano state prodotte a corredo del certificato che attestava l’esecuzione dei lavori necessario per la dimostrazione del requisito speciale di cui all’art. 79, comma 1, lettera b) del d.P.R. n. 207 del 2010.
Da parte sua, legittimamente la SOA.. perveniva, sulla base di tali obiettivi riscontri, a dichiarare la decadenza delle attestazioni precedentemente rilasciate, dal momento che le conclusioni originariamente raggiunte in ordine al procedimento di accertamento dei requisiti di qualificazione nei confronti della società xxx erano state determinate anche dalle risultanze contabili poi risultate falsificate.
In questi termini, dunque, non è coerente con le risultanze in atti la premessa su cui la sentenza impugnata fonda la decisione di annullamento dei provvedimenti di revoca impugnati, ossia che gli stessi fossero stati adottati sulla sola base di una riscontrata irregolarità fiscale, laddove la nota della SOA…….è chiara nell’indicare, a fondamento della revoca, l’esibizione di documenti privi di autenticità risultati a suo tempo determinanti nell’ottenimento delle attestazioni.
Alla luce dei rilievi che precedono, l’appello va dunque accolto.