Anomalia dell’offerta: il Tar Campania, Napoli, sez. V, 11 luglio 2018, n. 4600 smonta il trucchetto delle ore mediamente lavorate.
Come noto le tabelle ministeriali prevedono:
- un monte ore teorico;
- un monte ore mediamente lavorato.
Detto monte ore rappresenta un “divisore” sulla retribuzione media annua, sicché maggiore è il numero di ore, minore sarà il quoziente, ovvero il costo medio orario derivante, e conseguentemente sarà più agevole giustificare una offerta sospetta di anomalia.
Aumentando le ore, tuttavia, non si garantisce la copertura economica per evenienze imprevedibili quali malattie, congedi ed ulteriori fattispecie da retribuirsi, evenienze che non rientrano nella disponibilità dell’impresa e non sono da essa governabili/prevedibili!
Ecco il pensiero del TAR partenopeo:
“è possibile discostarsi, in sede di giustificazioni dell’anomalia, solo sulla scorta di una dimostrazione puntuale e rigorosa, tanto più se si considera che il dato delle ore annue mediamente lavorate dal personale coinvolge eventi (malattie, infortuni, maternità) che non rientrano nella disponibilità dell’impresa e che quindi necessitano, per definizione, di stima di carattere prudenziale (Cons. di St., sez. V, 20 febbraio 2017 n. 756)”. Il dato delle ore mediamente lavorate “non può, in nessun caso, essere ridotto sulla base di mere dichiarazioni provenienti dalla società interessata, coinvolgendo tale dato eventi diversi, alcuni non suscettibili di oscillazione (ferie, festività, riduzione orario contrattuale) ed altri, invece, variabili ma pur sempre non rientranti nella disponibilità dell’impresa (assemblee e permessi sindacali, diritto allo studio, malattia, infortuni, maternità, formazione)” (T.A.R. Catania, Sicilia, sez. I, 16.05.2018, n. 1011)”.
“Orbene, come già rilevato dalla Commissione in sede di motivazione dell’esclusione per anomalia dell’offerta, le sole statistiche aziendali non valgono allo scopo, dovendo la voce di costo coprire anche quello necessario a remunerare i lavoratori chiamati a sostituire quelli assenti per malattia, gravidanza e per ogni altra causa consentita dalla legge e dal vigente C.C.N.L., sicché può stimarsi che il d.M. 21 marzo 2016 lo includa in maniera realistica (Cons. di St., 12 giugno 2017, n. 2815; 9 aprile 2015, n. 1813).
Se è vero che non tutte le voci di costo delle Tabelle ministeriali sono inderogabili, l’art. 2 del medesimo decreto di approvazione sancisce che sono variabili solo quelle che non afferiscono in maniera diretta al costo del lavoro volto a tutelare i diritti fondamentali dei lavoratori, specificamente indicate alle lett. a), b) e c) del medesimo D.M. 2016 (benefici contributivi e fiscali, oneri derivanti da accordi integrativi aziendali, oneri per la sicurezza, n.d.r.); sono, invece, incomprimibili, le ferie, festività, malattie e infortuni, che non rientrano nella disponibilità dell’impresa mentre, nel caso all’esame, comporterebbero, unitamente ai permessi, una differenza stimata di costo pari a 311 ore.
Non appare, all’uopo, ultronea la precisazione che anche le voci derogabili costituiscono, in ogni caso, elemento di valutazione della serietà e congruità dell’offerta”.