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Ammesse modifiche soggettive del concorrente in caso di affitto di azienda.

Consiglio di Stato, Sez. III , 18 / 09 / 2019 , n. 6216

Procedura aperta per l’affidamento di servizi integrati per la gestione di apparecchiature elettromedicali.

Il Consiglio di Stato conferma come il principio , previsto dall’articolo 51 del “vecchio Codice”, dell’ammissibilità di modifiche soggettive dei concorrenti anche nella fase di aggiudicazione dell’appalto, possa ritenersi tuttora applicabile.

L’appellante  ha contestato dinanzi al TAR Puglia il provvedimento di ammissione di RTI alla gara.

Il TAR Puglia, con la sentenza appellata ( Sez. II, n. 229/2019), ha ritenuto infondate tutte le censure dedotte, volte all’esclusione del controinteressato, in particolare quelle relative alla perdita dei requisiti della mandante  per effetto della cessione in affitto del ramo di azienda ad altra impresa.

Il TAR ha sottolineato che:

l’Adunanza Plenaria n. 3/2017, ha escluso qualsivoglia automatismo decadenziale in danno dell’impresa cedente il ramo di azienda, ritenendo necessaria una valutazione in concreto dell’atto di cessione da condursi sulla base degli scopi perseguiti dalle parti e dell’oggetto del trasferimento (valutazione che in ipotesi di esito positivo non comporta soluzione di continuità); e, sebbene, l’art. 51 del d.lgs. 163/2006 non sia stato riprodotto nel nuovo codice dei contratti pubblici, la giurisprudenza prevalente non dubita della perdurante applicabilità dei relativi principi.

Consiglio di Stato, Sez. III , 18 / 09 / 2019 , n. 6216 conferma la sentenza appellata.

Il Collegio osserva che il TAR ha rigettato le censure in esame, mediante il duplice riferimento all’Adunanza Plenaria n. 3/2017 ed alla necessità – da essa espressa in linea di principio – di una verifica in concreto del mantenimento o meno del requisito nonostante la cessione aziendale, ed alla perdurante applicabilità del principio espresso dall’art. 51 del d.lgs. 163/2006 sulla possibilità di subentro del cessionario in sede di aggiudicazione.

Ciò che deve essere valutato è se l’affitto di ramo d’azienda comporti l’esclusione del r.t.i. concorrente.

Non sembra dubbio che, alla luce del principio affermato dall’Adunanza Plenaria n. 3/2017, sia da escludere che un atto di cessione di beni, quand’anche qualificabile come cessione di ramo d’azienda, comporti per il cedente in via automatica la perdita delle proprie qualificazioni, dovendosi invece verificare in concreto se la cessione ha riguardato un compendio di beni di dimensioni tali da incidere sulla struttura organizzativa ed aziendale.

La stazione appaltante non ha ritenuto che l’affitto di azienda comportasse il venir meno dei requisiti, e la prospettazione dell’appellante principale non è sufficiente a dimostrare il contrario.

Il contratto di affitto di azienda , come affermato anche dal TAR, si inserisce in un più ampio progetto di conferimento degli omologhi rami di azienda delle stipulanti in una Newco dalle stesse partecipate ,pertanto l’affitto in questione ha natura strumentale, quale parte di un più ampio disegno evolutivo degli assetti organizzativi societari.

Sul piano normativo, la possibilità di subentro risultava disciplinata dall’art. 51 del d.lgs. 163/2006, che, – pur in presenza di un divieto di modificazione della composizione dei raggruppamenti temporanei rispetto a quello risultante dall’offerta, affermato dall’art. 37, comma 9, ed oggi riproposto dall’art. 48, comma 9, dl d.lgs. 50/2016 – con riferimento alle “vicende soggettive dell’offerente e dell’aggiudicatario” prevedeva che l’affittuario di un’azienda o di un ramo d’azienda subentrato ad un concorrente potesse essere ammesso alla gara, all’aggiudicazione ed alla stipulazione del contratto, previo accertamento dei requisiti previsti dalla normativa e dalla legge di gara.

La disposizione non è stata riprodotta nel nuovo codice dei contratti, che, all’art. 106, contempla espressamente soltanto la modifica del contraente.

Ciononostante, il principio da essa affermato, dell’ammissibilità di modifiche soggettive dei concorrenti anche nella fase di aggiudicazione dell’appalto, può ritenersi tuttora applicabile.

In tal senso, la delibera dell’ANAC n. 244 del 8 marzo 2017, che sottolinea la perdurante esigenza di salvaguardare la libertà contrattuale delle imprese, le quali devono poter procedere alle riorganizzazioni aziendali reputate opportune senza che possa essere loro di pregiudizio lo svolgimento delle gare alle quali hanno partecipato (cfr., al riguardo, Cons. Stato, V, n. 1370/2013, n. 3819/2015).

Più di recente, nello stesso senso, è stato sottolineato che la tesi opposta finisce con “l’ingiustamente “ingessare”, senza alcuna valida ragione giustificativa la naturale vocazione imprenditoriale dei soggetti partecipanti alle gare pubbliche, per tal guisa ponendosi in contrasto con il principio di tassatività delle cause di esclusione che sono soltanto quelle espressamente previste dall’art. 80 del nuovo Codice dei Contratti. Appare altresì evidente che la partecipazione di un soggetto ad una procedura di evidenza pubblica non può costituire, a pena di violazione della libertà di iniziativa economica privata (art. 41 Cost.), o del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.), motivo per condizionare, ostacolare o, addirittura, sopprimere l’essenza dell’attività imprenditoriale, quando ciò non trovi giustificazione nella necessità di tutelare interessi superiori” (così, TAR Napoli, III, n. 7206/2018).

In conclusione, l’ordine di censure dell’appello principale in esame deve ritenersi infondato.

Scritto da Roberto Donati

Laureato in scienze politiche, appassionato di diritto con esperienza ventennale nella pubblica amministrazione in qualità di responsabilità del settore gare ed appalti, ed attuale responsabile del servizio Affari Generali della Siena Parcheggi Spa (società in house del Comune di Siena).