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Acquisto di quote di società per vendita del gas naturale ed energia elettrica. Illegittimità per omessa motivazione !

Tar Lombardia, Milano , Sez. I , 02 / 09 / 2019, n.1935

Il Tar milanese si esprime sull’acquisto, da parte di un Comune, di una quota azionaria di una società per la vendita del gas naturale ed energia elettrica il cui capitale sociale è detenuto per il 45% da soggetto privato e per il 55% dalla altra società a sua volta partecipata al 99,34% dallo stesso Comune.

Un soggetto privato interessato all’acquisto si oppone all’operazione, impugnando gli atti adottati dal  Comune.

Tar Lombardia, Milano , Sez. I , 02 / 09 / 2019, n.1935  entra nel merito delle questioni con una sentenza estremamente significativa.

I giudici analizzano in maniera approfondita la natura del servizio espletato dalla società, alla luce anche degli articoli 2 e 4 del D.Lgs. 9.8.2016 n. 175 (Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica).

Secondo parte della giurisprudenza, mentre l’attività di distribuzione del gas andrebbe ricondotta tra i “servizi di interesse generale”, non altrettanto potrebbe invece dirsi per la sua vendita, avendo carattere puramente commerciale (T.A.R. Veneto, Sez. I, 18.4.2018, n. 426, T.A.R. Friuli, 11.7.2018 n. 245).

Analogamente, autorevole dottrina ha ritenuto che la qualificazione dei Comuni come enti a fini generali, non sia sufficiente a giustificare il mantenimento delle partecipazioni in società commerciali operanti in settori liberalizzati, ed aventi ad oggetto servizi offerti dal mercato.

Peraltro, osserva il Collegio che l’art. 3 della Relazione illustrativa al D.Lgs. n. 175/2016 cit., evidenzia che “tutte le società partecipate hanno una connotazione pubblicistica, legata ad un’attività di interesse pubblico, mentre sono escluse, salvo alcune eccezioni, quelle aventi una connotazione privatistica, cioè che svolgono attività di impresa in regime di mercato”.

Di opposto avviso è invece C.S., Sez. V del 23.1.2019 n. 578, che ha riformato T.A.R. Veneto n. 426/18 cit.

Premesso infatti che anche “le società a partecipazione pubblica che svolgono servizi di interesse economico generale sono società lucrative”, in base a detta sentenza, possono ricondursi in tale ambito anche quelle aventi ad oggetto la vendita di gas ed energia elettrica.

In particolare, secondo il Consiglio di Stato, “occorre distinguere lo scopo della società da quello del soggetto pubblico che vi detiene le partecipazioni; se lo scopo della società è, e non può che essere, la produzione di un lucro, quello dell’Amministrazione pubblica resta diverso (…) e va ad identificarsi con il c.d. fine pubblico dell’impresa” (v. punto 10.3).

Conseguentemente, i “servizi di interesse generale” prestati in forma societaria, in quanto preordinati al raggiungimento del predetto scopo “pubblico”, e cioè, alla soddisfazione dei “bisogni della collettività di riferimento” menzionati nell’art. 2 c. 1 lett. h) cit., individuati da parte delle amministrazioni, potrebbero pertanto ricomprendere anche la vendita del gas e nell’energia.

Tuttavia, come previsto dall’art. 2 c. 1 lett. h) cit., le condizioni di accessibilità ai servizi di interesse generale devono essere differenti rispetto a quanto avverrebbe in assenza dell’intervento pubblico, e pertanto, ove gli stessi fossero lasciati al mercato (v. punto 9.2).

In conclusione, il Collegio dà atto di una non unanime opinione in giurisprudenza, in ordine alla possibilità di escludere, sic et simpliciter, dal novero delle società menzionate dall’art. 4 c. 2 cit., quelle che abbiano ad oggetto la vendita di energia e gas.

Tuttavia, ai sensi di quanto previsto nell’art. 2 c. 1 lett. h) cit., le società partecipate menzionate dall’art. 4 c. 2 cit., devono pacificamente prestare le loro attività, e pertanto, i “servizi di interesse generale”, a condizioni differenti rispetto a quanto avverrebbe ove le stesse fossero fornite dal mercato, in particolare, in termini di accessibilità fisica ed economica, continuità, non discriminazione, qualità e sicurezza.

Secondo la difesa comunale l’intervento pubblico sarebbe legittimo poiché, in sua assenza, gli utenti avrebbero differenti e sostanzialmente più gravose modalità di accesso ai suoi servizi, come previsto nell’art. 2 c. 1 lett. h) cit.

Ma il Collegio rileva invece come la partecipazione pubblica nella società  non apporti alcuna modifica alle condizioni di accessibilità ai servizi dalla stessa erogati.

In particolare, il Collegio dà atto che i provvedimenti impugnati non contengono alcuna indicazione contabile e/o economica che giustifichi e supporti le affermazioni ivi contenute, che risultano pertanto generiche, e dunque inattendibili.

Inoltre, evidenzia il Collegio che l’art. 5 del D.Lgs. n. 175/16 cit., a fronte dell’acquisto di partecipazioni, anche indirette, da parte di amministrazioni pubbliche, in società già costituite, pone a carico delle stesse specifici “oneri di motivazione analitica”, con riferimento alla necessità della società, per il perseguimento delle finalità istituzionali di cui all’art. 4, alle ragioni che giustificano tale scelta, anche sul piano della convenienza economica e della sostenibilità finanziaria, nonché alla gestione diretta o esternalizzata del servizio affidato, alla compatibilità della scelta con i principi di efficienza, di efficacia e di economicità dell’azione amministrativa, alla compatibilità dell’intervento finanziario previsto con le norme dei trattati europei e, in particolare, con la disciplina europea in materia di aiuti di Stato alle imprese.

La dottrina che ha commentato tale norma, ha in particolare ravvisato la volontà del legislatore di ritenere insufficiente a giustificare la costituzione o l’acquisto di partecipazioni in società pubbliche, un generico atto di natura politico amministrativa, o una motivazione apodittica, non suffragata da elementi oggettivi, come invece avveniva spesso nella prassi.

Analogamente, l’art. 24 del D.Lgs. n. 175/16 cit., prevede che la revisione straordinaria delle partecipazioni detenute, direttamente o indirettamente, dalle amministrazioni pubbliche vada effettuata con “provvedimento motivato”.

In conclusione, in relazione ai consolidati orientamenti giurisprudenziali formatisi sul previgente art. 3 c. 27, L. n. 244/2007 cit., ed alla luce del chiaro tenore letterale degli artt. 5 e 24 D.Lgs. n. 175/16 cit., ritiene il Collegio che, al fine di evitare che soggetti dotati di privilegi operino in mercati concorrenziali, anche in violazione dei principi del diritto comunitario, in base a quanto disposto nell’art. 4 c. 2 del D.Lgs. 9.8.2016 n. 175, le Amministrazioni Pubbliche debbano comprovare la sussistenza dei presupposti per la sua applicazione, come in particolare indicati nell’art. 2 c. 1 lett. h) cit., mediante una congrua motivazione…

Il ricorso va pertanto accolto, avendo i provvedimenti impugnati illegittimamente consolidato ed esteso la partecipazione azionaria dell’Ente Locale resistente in una società privata, al di fuori dei casi in cui ciò, eccezionalmente, è consentito dalla normativa vigente.

Scritto da Roberto Donati

Laureato in scienze politiche, appassionato di diritto con esperienza ventennale nella pubblica amministrazione in qualità di responsabilità del settore gare ed appalti, ed attuale responsabile del servizio Affari Generali della Siena Parcheggi Spa (società in house del Comune di Siena).