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Tutela del capitale delle società a partecipazione pubblica ai tempi del coronavirus.

Prima lettura degli articoli 6 e 7 del Decreto Legge 23/2020.

Il momento drammatico che sta vivendo la nostra Italia determina ricadute pesantissime sul nostro sistema economico.

Lo abbiamo tutti sotto gli occhi.

Il Decreto Legge 8 aprile 2020 n.23 prevede, sulla base della straordinaria necessità e urgenza di contenere gli effetti negativi che l’emergenza epidemiologica COVID-19 sta producendo sul tessuto socio-economico nazionale, una serie di norme finalizzate a garantire la necessaria liquidità al sistema delle imprese.

Unitamente a ciò, sono presenti disposizioni che, impattando sull’attuale impianto del codice civile, meritano di essere segnalate non solo in riferimento alle società private, ma anche nell’ottica di quelle a partecipazione pubblica, disciplinate dal Decreto Legislativo 19 agosto 2016, n. 175 ,Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica.

Si intende dunque leggere il D.L. 23/2020, in particolare gli articoli 6 e 7, nella prospettiva di una parte significativa del sistema “Pubblica amministrazione”[1] che, evidentemente, non può restare immune dalla drammatica crisi che stiamo vivendo e per la quale potrebbe porsi in maniera urgente l’applicazione degli articoli 14[2] e 21[3] del D. Lgs 175/2016.

In questo senso va immediatamente segnalato l’articolo 5 del D.L. 23/ 2020, che ha differito l’entrata in vigore del “Codice della crisi d’impresa” al 1 settembre 2021[4].

E, immediatamente dopo, occorre concentrarsi sugli articoli 6 e 7 del D.L. 23/2020, perché ( sebbene non citino mai il D. Lgs 175/2016) sono da applicarsi evidentemente anche a quegli organismi, partecipati da pubbliche amministrazioni, costituiti in forma societaria.

L’articolo 6 del Decreto Legge 23/2020 recita dunque ( le note che rimandano al codice civile sono di chi scrive):

A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla data del 31 dicembre 2020 per le fattispecie verificatesi nel corso degli esercizi chiusi entro la predetta data non si applicano gli articoli 2446[5], commi secondo e terzo, 2447[6], 2482-bis, commi quarto, quinto e sesto[7], e 2482-ter[8] del codice civile. Per lo stesso periodo non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, primo comma, numero 4)[9], e 2545-duodecies[10] del codice civile.

La previsione dell’articolo 6 si colloca nello stato di emergenza e crisi economica di dimensioni eccezionali determinato dall’epidemia di COVID-19.

Si stanno infatti verificando situazioni anomale che coinvolgono anche quelle imprese che, prima dell’epidemia, si trovavano in buone condizioni economiche.

La crisi da COVID-19, insomma, può determinare risultati di esercizio pesantissimi, con perdite di capitale che non riflettono le effettive capacità e potenzialità  delle  imprese  coinvolte ( sia private che pubbliche).

E, in prospettiva, è anche fondato il timore di pesanti difficoltà  nel  reperire  i mezzi per un adeguato rifinanziamento delle imprese ( che nel caso delle società a partecipazione pubblica dovrebbe evidentemente essere posto a carico della “Pubblica Amministrazione”).

La disposizione in  esame  risulta essere finalizzata ad evitare  che  la  perdita  di capitale verificatasi nel corso degli esercizi chiusi al 31  dicembre  2020,  ponga  gli  amministratori  di  un  numero  elevatissimo  di  imprese di fronte a scenari estremamente critici, per non dire drammatici.

Infatti potrebbe verificarsi l’ipotesi della messa in liquidazione delle imprese, private della  prospettiva  di  continuità  ( paradossalmente anche se redditizie prima della crisi ).

Senza contare che, in una situazione di questo tipo, agli amministratori potrebbe essere addebitata la responsabilità per gestione non conservativa  ai  sensi  dell’articolo  2486  del codice civile.

Vengono sospesi dunque gli obblighi previsti dal codice civile in materia di perdita  del  capitale  sociale,  anche se i soci dovranno comunque essere informati della situazione.

La norma appare opportuna, a salvaguardia delle imprese ( private e pubbliche).

Perché l’articolo 6 del Decreto Legge 23/ 2020, come detto, si applica anche alle società a partecipazione pubblica.

Per cui è da affermarsi come anche per le società pubbliche non si debba procedere alla ricostituzione dei capitali eventualmente “mangiati” dalla crisi, né procedere allo scioglimento nei casi dell’articolo 2484 ( o del 2545).

Ma ciò detto, l’articolo 6 non copre tutti i possibili scenari che potrebbero aprirsi per le società pubbliche.

L’articolo 6, infatti, proprio per le sue finalità  deve essere posto in relazione con gli articoli 14 e 21 del D. Lgs 175/ 2016.

Ora, se alla luce dell’articolo 6 del D.L. 23/2020 risulta ancora ragionevole la previsione dell’art. 14, comma 2, del D. Lgs. 175/2016 (“Qualora emergano, nell’ambito dei programmi di valutazione del rischio di cui all’articolo 6, comma 2, uno o più indicatori di crisi aziendale, l’organo amministrativo della società a controllo pubblico adotta senza indugio i provvedimenti necessari al fine di prevenire l’aggravamento della crisi, di correggerne gli effetti ed eliminarne le cause, attraverso un idoneo piano di risanamento”), un discorso più articolato deve essere effettuato riguardo al comma 5 dell’articolo 14 del D. Lgs 175 ed al successivo articolo 21.

Infatti, l’art. 14 comma 5 ( “Le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non possono, salvo quanto previsto dagli articoli 2447 e 2482-ter del codice civile, sottoscrivere aumenti di capitale, effettuare trasferimenti straordinari, aperture di credito, né rilasciare garanzie a favore delle società partecipate, con esclusione delle società quotate e degli istituti di credito, che abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali. Sono in ogni caso consentiti i trasferimenti straordinari alle società di cui al primo periodo, a fronte di convenzioni, contratti di servizio o di programma relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse ovvero alla realizzazione di investimenti, purché le misure indicate siano contemplate in un piano di risanamento, approvato dall’Autorità di regolazione di settore ove esistente e comunicato alla Corte dei conti con le modalità di cui all’articolo 5, che contempli il raggiungimento dell’equilibrio finanziario entro tre anni. Al fine di salvaguardare la continuità nella prestazione di servizi di pubblico interesse, a fronte di gravi pericoli per la sicurezza pubblica, l’ordine pubblico e la sanità, su richiesta della amministrazione interessata, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con gli altri Ministri competenti e soggetto a registrazione della Corte dei conti, possono essere autorizzati gli interventi di cui al primo periodo del presente comma”), a seguito dell’entrata in vigore dell’articolo 6 del D.L. 23/2020 risulta essere “sospeso” per quanto attiene le fattispecie degli articoli 2447 e 2482 ter del codice civile relative all’anno 2020, ma continua comunque a rimanere pienamente in vigore per le altre previsioni relative alle perdite di esercizio.

E questo pone il problema, in particolare per gli enti pubblici territoriali, di provvedere agli accantonamenti previsti ai sensi dell’articolo 21 comma 1 del D.Lgs 175/2016 ( Nel caso in cui società partecipate dalle pubbliche amministrazioni locali comprese nell’elenco di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, presentino un risultato di esercizio negativo, le pubbliche amministrazioni locali partecipanti, che adottano la contabilità finanziaria, accantonano nell’anno successivo in apposito fondo vincolato un importo pari al risultato negativo non immediatamente ripianato, in misura proporzionale alla quota di partecipazione. Le pubbliche amministrazioni locali che adottano la contabilità civilistica adeguano il valore della partecipazione, nel corso dell’esercizio successivo, all’importo corrispondente alla frazione del patrimonio netto della società partecipata ove il risultato negativo non venga immediatamente ripianato e costituisca perdita durevole di valore. Per le società che redigono il bilancio consolidato, il risultato di esercizio è quello relativo a tale bilancio. Limitatamente alle società che svolgono servizi pubblici a rete di rilevanza economica, per risultato si intende la differenza tra valore e costi della produzione ai sensi dell’articolo 2425 del codice civile. L’importo accantonato è reso disponibile in misura proporzionale alla quota di partecipazione nel caso in cui l’ente partecipante ripiani la perdita di esercizio o dismetta la partecipazione o il soggetto partecipato sia posto in liquidazione. Nel caso in cui i soggetti partecipati ripianino in tutto o in parte le perdite conseguite negli esercizi precedenti l’importo accantonato viene reso disponibile agli enti partecipanti in misura corrispondente e proporzionale alla quota di partecipazione).

Dunque con una potenziale ricaduta ( anche se speriamo che ciò non accada) sui bilanci pluriennali degli Enti Locali. Perché l’obbligo di accantonamento, per gli enti in contabilità finanziaria, è una regola prudenziale di bilancio preordinata al successivo utilizzo delle risorse accantonate per il ripiano delle perdite subite dalle società (art. 21, co. 3-bis, d.lgs. n. 175/2016)[11].

Così come comporta la necessità, a carico dei medesimi Enti Locali, di una verifica sulla compatibilità “generale” di queste società :

…….Un Ente locale che intenda assorbire a carico del proprio bilancio i risultati negativi della gestione di un organismo partecipato è tenuto a dimostrare lo specifico interesse pubblico perseguito in relazione ai propri scopi istituzionali, evidenziano in particolare le ragioni giuridico-economico dell’operazione, le quali, dovendo essere fondate sulla possibilità di assicurare una continuità aziendale finanziariamente sostenibile, non possono non implicare, tra l’altro, una previa e  adeguata  verifica delle criticità che generano le perdite, i necessari accertamenti volti ad individuare responsabilità gestionali imputabili agli amministratori societari, nonché una compiuta valutazione circa l’opportunità della conservazione in vita dell’organismo partecipato o del semplice mantenimento della partecipazione, ossia della convenienza economico finanziaria di tale modalità di gestione del servizio rispetto ad altre alternative possibili………..Non sussiste a carico del Comune socio (anche se unico) alcun obbligo di soccorso finanziario, il quale, al contrario, deve essere sempre supportato da un interesse pubblico puntuale e concreto individuato secondo i criteri sopra ricordati (cfr. Sezione Controllo Lombardia, deliberazione n. 224/2016/PRSE)……si richiama la necessità che tali scelte siano compatibili con i principi di efficienza, di efficacia e di economicità dell’azione amministrativa con l’obbligo per gli amministratori societari di adottare adeguati paini di risanamento al verificarsi di indicatori di crisi aziendali”[12]

Per cui, fisiologicamente, possono essere ripianate le perdite delle società partecipate, utilizzando anche gli accantonamenti a fondo perdite ma, quando le perdite sono reiterate, è necessaria un’attenta valutazione della situazione al fine di adottare i provvedimenti previsti dalla legge.[13]

Insomma, se l’articolo 6 del D.L. 23/2020 costituisce una previsione che tutela anche le società pubbliche, è da rilevare come essa non abbracci l’intero rapporto con i soggetti pubblici proprietari, che ( alla luce degli scenari disastrosi del 2020 ) potrebbero essere pesantemente  “investiti indirettamente” dalle perdite di esercizio delle società partecipate, con gli inevitabili riflessi sui propri bilanci.

L’articolo 6 è una norma costruita sul codice civile. Sembrerebbe opportuno un coordinamento specifico con il D. Lgs 175/2016 e con le previsioni in materia di contabilità pubblica, in maniera da poter fornire una qualche tutela anche agli enti proprietari .

Vedremo se in sede di conversione del decreto saranno apportate modifiche.

L’Articolo 7 del Decreto Legge 23/2020 prevede:

Art. 7. (Disposizioni temporanee sui principi di redazione del bilancio)

  1. Nella redazione del bilancio di esercizio in corso al 31 dicembre 2020, la valutazione delle voci nella prospettiva della continuazione dell’attività di cui all’articolo 2423-bis, comma primo, n. 1)[14], del codice civile può comunque essere operata se risulta sussistente nell’ultimo bilancio di esercizio chiuso in data anteriore al 23 febbraio 2020, fatta salva la previsione di cui all’articolo 106 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18. Il criterio di valutazione è specificamente illustrato nella nota informativa anche mediante il richiamo delle risultanze del bilancio precedente.
  2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche ai bilanci chiusi entro il 23 febbraio 2020 e non ancora approvati.

 

La norma anche in questo caso tiene conto della situazione emergenziale e delle  ricadute, sulle prospettive di continuità delle imprese.

La situazione attuale potrebbe determinare (se venissero applicate le regole dei tempi “normali”, senza tener conto della crisi attuale) l’obbligo  per moltissime imprese di redigere i bilanci dell’esercizio in corso nel 2020 secondo criteri inadeguati, in particolare senza la possibilità di adottare la prospettiva della continuità aziendale.[15]

Questo, probabilmente, determinerebbe difficoltà della esatta  valutazione  di  tutte  le  voci del  bilancio  medesimo[16]. Per cui, le imprese che prima della crisi da COVID 19 presentavano una  regolare  prospettiva  di  continuità, con questa norma conservano tale prospettiva nella redazione dei  bilanci  degli  esercizi  in  corso  nel  2020.

La  norma  è finalizzata alla tempestiva  approvazione  dei  bilanci  delle imprese perché la funzione  informativa, come visto sopra, risulta essere fondamentale anche in questi momenti.

Le imprese dunque, sia pubbliche che private, opereranno con una chiara rappresentazione  della  realtà,  avendo comunque a riferimento alla situazione “normale” precedente alla crisi ( datata al 23 febbraio 2020, in quanto quel giorno è entrato in vigore il D.L. 23 febbraio 2020 n.6).

Da ricordare infine che l’articolo  106  del  decreto-legge 17 marzo 2020, n.18 ha prorogato  di  sessanta  giorni  il  termine  di  adozione  dei  rendiconti  o  dei  bilanci  d’esercizio relativi all’esercizio 2019, ordinariamente fissato  al  30  aprile  2020.

La norma anche in questo caso è da valutarsi, a mio parere, in maniera positiva, anche se deve essere rimarcato il mancato collegamento/coordinamento con i Bilanci degli Enti Locali. La situazione, come sappiamo, è assolutamente straordinaria, e l’articolo 107 del D.L. 18/2020 ( il Cura Italia ) ha spostato il termine per l’approvazione dei Bilanci di Previsione degli Enti Locali al 31 maggio 2020 ( che in fase di conversione del Decreto dovrebbe essere ulteriormente differito al 31 luglio insieme alla salvaguardia degli equilibri di bilancio).

Il differimento del termine per la deliberazione dei bilanci di previsione degli enti locali a sua volta determina lo slittamento dei termini per l’approvazione di tariffe, aliquote e regolamenti dei tributi che ( pensiamo ad esempio alla Tari ) potrebbe ripercuotersi sulle società pubbliche affidatarie della gestione di servizi ( in questo caso della raccolta e smaltimento dei rifiuti).

Siamo di fronte ad una serie di adempimenti fondamentali ( sia per le società pubbliche che per gli Enti Locali)  la cui scansione andrebbe dettagliata in maniera puntuale, per non aggiungere ulteriori incertezze ad una situazione di una gravità estrema.

E forse, oltre ad un aggiornamento dei “Programmi di valutazione del rischio di crisi aziendale” ( articolo 6 del D.Lgs 175/2016)  sarebbe opportuno prevedere per le società pubbliche, in sede di approvazione dei Bilanci relativi all’esercizio 2019, l’indicazione espressa sulla volontà o meno di ricorrere alle garanzie di cui all’art.1 del D.L. 23/2020. Perché l’accesso  a queste garanzie determina la mancata distribuzione di dividendi o il riacquisto di azioni nel corso del 2020 ( comma 2 lettera i).

Sono informazioni di cui gli Enti pubblici ( sia che abbiano approvato i  Bilanci di Previsione sia che non lo abbiano fatto) necessitano, perché implicano la presenza o meno di risorse all’interno dei propri strumenti di programmazione.

Mi rendo conto che, in questa fase, è giocoforza procedere anche per tentativi.

Però sarebbe importante comprendere come, parlando di società, anche quelle partecipate dagli enti pubblici necessitino di una particolare attenzione, sia come società sia in funzione degli equilibri di bilancio degli Enti Locali.

E questa duplice lettura delle problematiche potrebbe tradursi, magari, in un provvedimento appositamente “mirato”.

Siena, 10 aprile 2020

Roberto Donati

 

[1]           I dati più recenti della Corte dei Conti Sezione Autonomie “Gli Organismi partecipati dagli Enti Territoriali e Sanitari”- Relazione 2019, Deliberazione n.29/ SEZAUT/2019 FRG, riportano :”Alla data del 13 novembre 2019, si rilevano n. 7.485 organismi, di cui 6.145 in attività, 167 inattivi, 280 soggetti a procedura concorsuale e 893 in liquidazione volontaria”.

La maggior parte degli organismi censiti è organizzata in forma di società (n. 5.283), in prevalenza partecipate dalle amministrazioni pubbliche in misura totalitaria o maggioritaria.

[2]           Art. 14 D.LGS 175/2016.  Crisi d’impresa di società a partecipazione pubblica

  1. Le società a partecipazione pubblica sono soggette alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo, nonché, ove ne ricorrano i presupposti, a quelle in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza di cui al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, e al decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39.
  2. Qualora emergano, nell’ambito dei programmi di valutazione del rischio di cui all’articolo 6, comma 2, uno o più indicatori di crisi aziendale, l’organo amministrativo della società a controllo pubblico adotta senza indugio i provvedimenti necessari al fine di prevenire l’aggravamento della crisi, di correggerne gli effetti ed eliminarne le cause, attraverso un idoneo piano di risanamento.
  3. Quando si determini la situazione di cui al comma 2, la mancata adozione di provvedimenti adeguati, da parte dell’organo amministrativo, costituisce grave irregolarità ai sensi dell’articolo 2409 del codice civile.
  4. Non costituisce provvedimento adeguato, ai sensi dei commi 1 e 2, la previsione di un ripianamento delle perdite da parte dell’amministrazione o delle amministrazioni pubbliche socie, anche se attuato in concomitanza a un aumento di capitale o ad un trasferimento straordinario di partecipazioni o al rilascio di garanzie o in qualsiasi altra forma giuridica, a meno che tale intervento sia accompagnato da un piano di ristrutturazione aziendale, dal quale risulti comprovata la sussistenza di concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico delle attività svolte, approvato ai sensi del comma 2, anche in deroga al comma 5.
  5. Le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, non possono, salvo quanto previsto dagli articoli 2447 e 2482-ter del codice civile, sottoscrivere aumenti di capitale, effettuare trasferimenti straordinari, aperture di credito, né rilasciare garanzie a favore delle società partecipate, con esclusione delle società quotate e degli istituti di credito, che abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali. Sono in ogni caso consentiti i trasferimenti straordinari alle società di cui al primo periodo, a fronte di convenzioni, contratti di servizio o di programma relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse ovvero alla realizzazione di investimenti, purché le misure indicate siano contemplate in un piano di risanamento, approvato dall’Autorità di regolazione di settore ove esistente e comunicato alla Corte dei conti con le modalità di cui all’articolo 5, che contempli il raggiungimento dell’equilibrio finanziario entro tre anni. Al fine di salvaguardare la continuità nella prestazione di servizi di pubblico interesse, a fronte di gravi pericoli per la sicurezza pubblica, l’ordine pubblico e la sanità, su richiesta della amministrazione interessata, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con gli altri Ministri competenti e soggetto a registrazione della Corte dei conti, possono essere autorizzati gli interventi di cui al primo periodo del presente comma.
  6. Nei cinque anni successivi alla dichiarazione di fallimento di una società a controllo pubblico titolare di affidamenti diretti, le pubbliche amministrazioni controllanti non possono costituire nuove società, né acquisire o mantenere partecipazioni in società, qualora le stesse gestiscano i medesimi servizi di quella dichiarata fallita .

[3]           Art. 21 D.LGS 175/2016 .  Norme finanziarie sulle società partecipate dalle amministrazioni locali

  1. Nel caso in cui società partecipate dalle pubbliche amministrazioni locali comprese nell’elenco di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, presentino un risultato di esercizio negativo, le pubbliche amministrazioni locali partecipanti, che adottano la contabilità finanziaria, accantonano nell’anno successivo in apposito fondo vincolato un importo pari al risultato negativo non immediatamente ripianato, in misura proporzionale alla quota di partecipazione. Le pubbliche amministrazioni locali che adottano la contabilità civilistica adeguano il valore della partecipazione, nel corso dell’esercizio successivo, all’importo corrispondente alla frazione del patrimonio netto della società partecipata ove il risultato negativo non venga immediatamente ripianato e costituisca perdita durevole di valore. Per le società che redigono il bilancio consolidato, il risultato di esercizio è quello relativo a tale bilancio. Limitatamente alle società che svolgono servizi pubblici a rete di rilevanza economica, per risultato si intende la differenza tra valore e costi della produzione ai sensi dell’articolo 2425 del codice civile. L’importo accantonato è reso disponibile in misura proporzionale alla quota di partecipazione nel caso in cui l’ente partecipante ripiani la perdita di esercizio o dismetta la partecipazione o il soggetto partecipato sia posto in liquidazione. Nel caso in cui i soggetti partecipati ripianino in tutto o in parte le perdite conseguite negli esercizi precedenti l’importo accantonato viene reso disponibile agli enti partecipanti in misura corrispondente e proporzionale alla quota di partecipazione.
  2. Gli accantonamenti e le valutazioni di cui al comma 1 si applicano a decorrere dall’anno 2015. In sede di prima applicazione, per gli anni 2015, 2016 e 2017, in presenza di adozione della contabilità finanziaria: a) l’ente partecipante a società che hanno registrato nel triennio 2011-2013 un risultato medio negativo accantona, in proporzione alla quota di partecipazione, una somma pari alla differenza tra il risultato conseguito nell’esercizio precedente e il risultato medio 2011-2013 migliorato, rispettivamente, del 25 per cento per il 2014, del 50 per cento per il 2015 e del 75 per cento per il 2016; qualora il risultato negativo sia peggiore di quello medio registrato nel triennio 2011-2013, l’accantonamento è operato nella misura indicata dalla lettera b); b) l’ente partecipante a società che hanno registrato nel triennio 2011-2013 un risultato medio non negativo accantona, in misura proporzionale alla quota di partecipazione, una somma pari al 25 per cento per il 2015, al 50 per cento per il 2016 e al 75 per cento per il 2017 del risultato negativo conseguito nell’esercizio precedente.
  3. Le società a partecipazione di maggioranza, diretta e indiretta, delle pubbliche amministrazioni locali titolari di affidamento diretto da parte di soggetti pubblici per una quota superiore all’80 per cento del valore della produzione, che nei tre esercizi precedenti abbiano conseguito un risultato economico negativo, procedono alla riduzione del 30 per cento del compenso dei componenti degli organi di amministrazione. Il conseguimento di un risultato economico negativo per due anni consecutivi rappresenta giusta causa ai fini della revoca degli amministratori. Quanto previsto dal presente comma non si applica ai soggetti il cui risultato economico, benché negativo, sia coerente con un piano di risanamento preventivamente approvato dall’ente controllante.

3-bis.   Le pubbliche amministrazioni locali partecipanti possono procedere al ripiano delle perdite subite dalla società partecipata con le somme accantonate ai sensi del comma 1, nei limiti della loro quota di partecipazione e nel rispetto dei principi e della legislazione dell’Unione europea in tema di aiuti di Stato.

[4]           Art. 389 del Decreto Legislativo 12 gennaio 2019 n.14, modificato dal D.L. 23/2020:

1. Il presente decreto entra in vigore il 1 settembre 2021, salvo quanto previsto al comma 2.

[5]           Art.2446 del codice civile. Riduzione del capitale per perdite.

[1] Quando risulta che il capitale è diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite, gli amministratori o il consiglio di gestione, e nel caso di loro inerzia il collegio sindacale ovvero il consiglio di sorveglianza, devono senza indugio convocare l’assemblea per gli opportuni provvedimenti. All’assemblea deve essere sottoposta una relazione sulla situazione patrimoniale della società, con le osservazioni del collegio sindacale o del comitato per il controllo sulla gestione. La relazione e le osservazioni devono restare depositate in copia nella sede della società durante gli otto giorni che precedono l’assemblea, perché i soci possano prenderne visione. Nell’assemblea gli amministratori devono dare conto dei fatti di rilievo avvenuti dopo la redazione della relazione.

[2] Se entro l’esercizio successivo la perdita non risulta diminuita a meno di un terzo, l’assemblea ordinaria o il consiglio di sorveglianza che approva il bilancio di tale esercizio deve ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate. In mancanza gli amministratori e i sindaci o il consiglio di sorveglianza devono chiedere al tribunale che venga disposta la riduzione del capitale in ragione delle perdite risultanti dal bilancio. Il tribunale provvede, sentito il pubblico ministero, con decreto soggetto a reclamo, che deve essere iscritto nel registro delle imprese a cura degli amministratori.

[3] Nel caso in cui le azioni emesse dalla società siano senza valore nominale, lo statuto, una sua modificazione ovvero una deliberazione adottata con le maggioranze previste per l’assemblea straordinaria possono prevedere che la riduzione del capitale di cui al precedente comma sia deliberata dal consiglio di amministrazione. Si applica in tal caso l’articolo 2436.

[6]           Art.2447 del codice civile. Riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale.

[1] Se, per la perdita di oltre un terzo del capitale, questo si riduce al disotto del minimo stabilito dall’articolo 2327, gli amministratori o il consiglio di gestione e, in caso di loro inerzia, il consiglio di sorveglianza devono senza indugio convocare l’assemblea per deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al detto minimo, o la trasformazione della società.

[7]           Art.2482 bis del codice civile. Riduzione del capitale per perdite.

[1] Quando risulta che il capitale è diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite, gli amministratori devono senza indugio convocare l’assemblea dei soci per gli opportuni provvedimenti.

[2] All’assemblea deve essere sottoposta una relazione degli amministratori sulla situazione patrimoniale della società, con le osservazioni nei casi previsti dall’articolo 2477 del collegio sindacale o del soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti. Se l’atto costitutivo non prevede diversamente, copia della relazione e delle osservazioni deve essere depositata nella sede della società almeno otto giorni prima dell’assemblea, perché i soci possano prenderne visione.

[3] Nell’assemblea gli amministratori devono dare conto dei fatti di rilievo avvenuti dopo la redazione della relazione prevista nel precedente comma.

[4] Se entro l’esercizio successivo la perdita non risulta diminuita a meno di un terzo, deve essere convocata l’assemblea per l’approvazione del bilancio e per la riduzione del capitale in proporzione delle perdite accertate. In mancanza gli amministratori e i sindaci o il soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti nominati ai sensi dell’articolo 2477 devono chiedere al tribunale che venga disposta la riduzione del capitale in ragione delle perdite risultanti dal bilancio.

[5] Il tribunale, anche su istanza di qualsiasi interessato, provvede con decreto soggetto a reclamo, che deve essere iscritto nel registro delle imprese a cura degli amministratori.

[6] Si applica, in quanto compatibile, l’ultimo comma dell’articolo 2446.

[8]           Art.2482 ter del codice civile. Riduzione del capitale al disotto del minimo legale.

[1] Se, per la perdita di oltre un terzo del capitale, questo si riduce al disotto del minimo stabilito dal numero 4) dell’articolo 2463, gli amministratori devono senza indugio convocare l’assemblea per deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al detto minimo.

[2] È fatta salva la possibilità di deliberare la trasformazione della società.

 

[9]           Art.2484 codice civile. Cause di scioglimento

[1] Le società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata si sciolgono:

1) per il decorso del termine;

2) per il conseguimento dell’oggetto sociale o per la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo, salvo che l’assemblea, all’uopo convocata senza indugio, non deliberi le opportune modifiche statutarie;

3) per l’impossibilità di funzionamento o per la continuata inattività dell’assemblea;

4) per la riduzione del capitale al disotto del minimo legale, salvo quanto è disposto dagli articoli 2447 e 2482 ter;…………

[10]          Art.2545  duodecies codice civile. Scioglimento

[1] La società cooperativa si scioglie per le cause indicate ai numeri 1), 2), 3), 5), 6) e 7) dell’articolo 2484, nonché per la perdita del capitale sociale.

[11]          Corte dei Conti Liguria Sez. contr. Delib., 12/10/2018, n. 127. L’art. 21, comma 1, D.Lgs. n. 175 del 2016, si applica a tutte le società partecipate da enti locali dovendosi considerare il riferimento all’elenco ISTAT citato dalla norma come relativo agli enti locali partecipanti. Tale norma non fa venir meno il principio dell’autonomia patrimoniale sancito dalla disciplina civilistica. L’accantonamento previsto dall’art. 21, comma 1, D.Lgs. n. 175 del 2016, dev’essere pari al valore dell’intera predita registrata dalla società partecipata e dev’essere suddiviso tra gli enti partecipanti in una quota proporzionale al valore della partecipazione; in nessun caso tale accantonamento può essere limitato al valore della quota parte del patrimonio netto della società partecipata detenuta da ogni ente locale. Per le società che svolgono servizi pubblici a rete di rilevanza economica, per risultato s’intende la differenza tra “valore” e “costi” della produzione, ex art. 2425 c.c., nella sua attuale formulazione. Gli enti locali soci devono procedere all’accantonamento previsto dal comma 1, art. 21, anche nell’ipotesi in cui sia approvato un piano di risanamento, ex art. 14, D.Lgs. n. 175 del 2016, nel quale, tra le misure di ripristino dell’equilibrio economico-finanziario della società, non sia previsto l’esborso finanziario da parte dei soci a copertura delle perdite. Gli Enti locali devono procedere con l’accantonamento di cui al comma 1, art. 21, D.Lgs. n. 175 del 2016, nel primo bilancio di previsione successivo alla certificazione del risultato negativo, mediante approvazione del bilancio d’esercizio della società partecipata. Gli Enti locali possono non procedere all’accantonamento, o ridurre lo stesso, nel primo bilancio di previsione successivo alla certificazione del risultato positivo, mediante approvazione del bilancio d’esercizio della società partecipata.

[12]          Corte dei Conti, Sezione Regionale di Controllo per la Liguria, n. 24/2017/PAR.

[13]          Corte dei Conti Sezione Autonomie “Gli Organismi partecipati dagli Enti Territoriali e Sanitari”- Relazione 2019 cit.pag,27

[14]             2423 bis. Princìpi di redazione del bilancio –

[1] Nella redazione del bilancio devono essere osservati i seguenti princìpi: 1) la valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione dell’attività…

[15]             Cass. civ. Sez. I, 07/03/2006, n. 4874 Il principio di continuità comporta solo che non si adottino metodi di rilevazione del bilancio diversi da quelli adottati in passato, senza darne adeguatamente conto nella relazione degli amministratori..

[16]             Cass. civ. Sez. I Sent., 15/04/2016, n. 7586  .Il bilancio di esercizio di una società per azioni, in forza del principio di continuità, deve partire dai dati di chiusura del bilancio dell’anno precedente, anche nel caso in cui l’esattezza e la legittimità di questi ultimi siano state poste in discussione in sede contenziosa e siano state negate con sentenza non passata in giudicato (nella specie, per il mancato rispetto dei termini di convocazione di un socio). Infatti, solo il passaggio in giudicato di quella sentenza fa sorgere il dovere degli amministratori di apporre al bilancio contestato le variazioni imposte dal comando giudiziale, e, quindi, di modificare di conseguenza i dati di partenza del bilancio successivo.

Scritto da Roberto Donati

Laureato in scienze politiche, appassionato di diritto con esperienza ventennale nella pubblica amministrazione in qualità di responsabilità del settore gare ed appalti, ed attuale responsabile del servizio Affari Generali della Siena Parcheggi Spa (società in house del Comune di Siena).