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Il deleterio “autovincolo alla formalità” in caso di affidamenti diretti infra 40.000 €

Tar Piemonte, Torino, 22 marzo 2018, n. 353

Il deleterio “autovincolo alla formalità” in caso di affidamenti diretti infra 40.000 €

Un dirigente scolastico indiceva una gara per la concessione del servizio di “colazioni”, pubblicando un avviso di manifestazione di interesse, nel quale ha esplicitava che il canone concessorio era fissato in E. 5.000,00 annue; dipoi, individuati gli operatori potenzialmente interessati, ha spedito la lettera di invito, nella quale ha specificato che la gara era indetta ai sensi dell’art. 36 comma 2 lett. a), con criterio di aggiudicazione secondo l’offerta economicamente più vantaggiosa, con attribuzione di massimo 50 punti su 100 per la valutazione della offerta economica.

Il ricorrente lamentava di non essere stato convocato per la apertura delle buste e solo su sollecitazione del proprio difensore ha ricevuto comunicazione della ormai avvenuta aggiudicazione della concessione a favore del controinteressato.

Il ricorrente ha contestato altresì l’illegittimità della aggiudicazione in relazione ad un ulteriore vizio, consistente nell’intervenuta previsione di assegnazione di 50 punti su 100 all’offerta economica, in misura superiore al limite di Legge del 30% di cui all’art. 95, comma 10-bis del D.Lgs. n. 50/2016.

Il Tar Piemonte, Torino, 22 marzo 2018, n. 353 accoglie ovviamente il ricorso.

con riferimento al principio di pubblicità delle sedute

“il fatto che una stazione appaltante ricorra all’ “affidamento diretto” non significa che essa sia esonerata dal rispetto dei principi generali di pubblicità e trasparenza, stante il chiarissimo disposto contenuto nell’art. 36 comma 1 del D. L.vo 50/2016, il quale stabilisce che “L’affidamento e l’esecuzione di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di cui all’articolo 35 avvengono nel rispetto dei principi di cui agli articoli 30 comma 1, 34 e 42, nonché del rispetto del principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti e in modo da assicurare l’effettiva possibilità di partecipazione delle microimprese, piccole e medie imprese…”.

“I principi di pubblicità e trasparenza che governano la disciplina comunitaria e nazionale, richiamati dall’art 30 d.lgs. 50/2016, implicano che le fasi salienti debbano essere effettuate in seduta pubblica, qualsiasi sia la tipologia di procedura: la pubblicità investe tutte quelle operazioni della commissione di gara (tra cui l’apertura della documentazione e delle offerte), attraverso cui si effettuano le operazioni di “accoppiamento” tra partecipanti e offerte e controllo del contenuto della documentazione richiesta”.

Ciò chiarito, è evidente che ove pure la gara per cui è causa dovesse effettivamente qualificarsi come procedura finalizzata a pervenire ad un affidamento diretto, ciò non escluderebbe la necessità di rispettare i principi di pubblicità e trasparenza, che si declinano – come dianzi ricordato – anche nella necessità di effettuare in seduta pubblica taluni adempimenti, tra i quali l’apertura delle buste contenenti le offerte tecniche ed economiche, ciò che nel caso di specie pacificamente non è avvenuto, nonostante l’autovincolo al rispetto dei principi di trasparenza e pubblicità enunciato nell’avviso pubblico indetto dall’Istituto scolastico.

La acclarata fondatezza del primo motivo di ricorso, avente portata di per sé assorbente, dovrebbe comportare l’annullamento di tutti gli atti di gara a partire dal momento di apertura delle buste; tuttavia, tenuto conto del fatto che le buste contenenti le offerte economiche sono state ormai aperte, che in ossequio a consolidato orientamento di giurisprudenza si impone la retrocessione del procedimento alla fase di presentazione delle offerte e che dunque la gara deve praticamente essere nuovamente celebrata quasi dall’inizio, reputa il Collegio che nella specie sussista l’interesse del ricorrente alla disamina del secondo motivo di ricorso, dal cui accoglimento conseguirebbe l’annullamento della lettera di invito ma anche, correlativamente, la tutela dell’interesse del ricorrente a che la gara venga reiterata nel rispetto della legislazione vigente ed emendata dai vizi denunciati.

con riferimento al rapporto qualità prezzo

Il D. L.vo n. 56/2017 ha introdotto nel corpo dell’art. 95 D. L.vo 50/2016 la previsione secondo cui “La stazione appaltante, al fine di assicurare l’effettiva individuazione del miglior rapporto qualita’/prezzo, valorizza gli elementi qualitativi dell’offerta e individua criteri tali da garantire un confronto concorrenziale effettivo sui profili tecnici. A tal fine la stazione appaltante stabilisce un tetto massimo per il punteggio economico entro il limite del 30 per cento”.

La norma testé riportata si riferisce chiaramente alla ipotesi in cui l’aggiudicazione di un appalto pubblico debba avvenire secondo il criterio della offerta economicamente più vantaggiosa, e deve conseguentemente ritenersi norma di portata vincolante in tutti i casi in cui il ricorso al citato criterio di aggiudicazione sia obbligatorio.

Posto che l’Amministrazione resistente eccepisce che nella fattispecie si è proceduto con un affidamento ai sensi dell’art. 36 comma 2 lett. a) del Codice, occorre domandarsi se gli affidamenti disposti ai sensi di tale norma siano effettivamente soggetti all’obbligo generale di aggiudicazione secondo il criterio della offerta economicamente più vantaggiosa, poiché in tal caso essi sarebbero automaticamente vincolati anche al rispetto della previsione di cui all’art. 95 comma 10 bis del Codice.

La risposta è, ad avviso del Collegio, negativa, in quanto gli affidamenti ex art. 36 comma 2 lett. a) del Codice sono tenuti al rispetto dei principi generali menzionati all’art. 30 comma 1, tra i quali il criterio di aggiudicazione in esame non pare rientrarvi. Valga del resto la considerazione che gli affidamenti diretti, ancorché preceduti da una consultazione tra più operatori, sono contraddistinti da informalità e dalla possibilità per la stazione appaltante di negoziare le condizioni contrattuali intavolando anche con vari operatori trattative parallele: ebbene, rispetto alla informalità di tali consultazioni l’obbligo di scegliere il contraente secondo il criterio della offerta economicamente più vantaggiosa, quantomeno nella forma rigidamente disciplinata dall’art. 95, appare distonico e, dunque, incompatibile. Anche il Consiglio di Stato, nel parere della Commissione Speciale n. 782 del 30 maro 2017, reso sulla proposta del c.d. “decreto correttivo”, ha riconosciuto che “ferma restando la spiccata preferenza per l’aggiudicazione tramite il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, il decreto correttivo ha proceduto, modificando l’art. 95 recante “Criterio di aggiudicazione dell’appalto”, a meglio perimetrare l’obbligo di utilizzo di tale criterio: a) introducendo una possibile deroga per gli appalti di cui all’art. 95, comma 3, lett. a), nel caso di affidamenti diretti sino a € 40.000;……”.

22. Tenuto conto della dianzi esposte considerazioni il Collegio ritiene che nel corso delle procedure di cui all’art. 36 comma 2 lett. a) del Codice, cioè le procedure finalizzate all’affidamento di un contratto di valore inferiore ai 40.000,00 Euro, ancorché caratterizzate dalla consultazione di due o più operatori, la stazione appaltante non è tenuta al rispetto dell’art. 95, sia nel senso che può liberamente disporre l’affidamento secondo il criterio del minor prezzo anche nei casi in ciò sarebbe vietato dall’art. 95, sia nel senso che può disporre l’affidamento secondo il criterio del miglior rapporto tra qualità e prezzo derogando ai principi dettati dall’art. 95, tra i quali anche il principio secondo il quale il punteggio relativo alla offerta economica non può superare il 30% del punteggio totale.

Ciò chiarito si deve ancora verificare se la procedura implementata nel caso di specie sia effettivamente da ascrivere tra quelle di cui all’art. 36 comma 2 lett. a) del Codice, dal momento che per i contratti sotto soglia il ricorso alle procedure indicate all’art. 36 comma 2 non costituisce un obbligo per le stazioni appaltanti, le quali anche in questi casi mantengono la facoltà di ricorrere alle procedure ordinarie. Si vuol dire, cioè, che la mera constatazione che la procedura in esame ha ad oggetto un contratto di valore inferiore ai 40.000,00 euro (come in effetti è, dovendosi a tal fine tenere in considerazione l’importo del canone concessorio, pari a 5.000,00 Euro per ognuno dei due anni di durata del servizio) non implica, per questo solo fatto, che essa sia da qualificare come finalizzata ad un “affidamento diretto, anche senza previa consultazione di due o più operatori economici.”; va inoltre precisato che ai fini della qualificazione della procedura non è vincolante il riferimento all’art. 36 comma 2 lett. a) effettuato dalla Stazione Appaltante negli atti impugnati, dovendosi invece guardare al contenuto concreto della lex specialis di gara.

Osserva il Collegio che nel caso di specie la Stazione Appaltante ha in realtà implementato una procedura ristretta ai sensi dell’art. 61 del D. L.vo 50/2016 (non esageriamo, era semplicemente una procedura negoziata ex art. 36, c. 2, lett. b n.d.r). Infatti: il 2 gennaio 2018 ha pubblicato un avviso nel quale ha reso nota l’intenzione di aggiudicare la concessione di che trattasi, ha indicato i requisiti di partecipazione, la durata della concessione, l’ammontare del canone annuo ed ha richiesto agli eventuali interessati di far pervenire entro un determinato termine la domanda di partecipazione alla gara. Con la successiva lettera di invito, nel confermare i dati già indicati nell’avviso, ha esplicitato il criterio di aggiudicazione, indicando i criteri e le modalità di attribuzione dei punteggi; ha inoltre precisato le modalità di esecuzione del servizio in concessione, fissati i casi di risoluzione del contratto e la facoltà della Amministrazione di eseguire controlli; la lettera di invito ha ovviamente indicato il termine di presentazione delle offerte.

Considerato, dunque, che l’avviso del 2 gennaio 2018 conteneva le informazioni indicate all’Allegato XIV, parte I, lettera B del D. vl. 50/2016 e che con la lettera di invito la Stazione Appaltante, lungi dal lasciare indeterminati i criteri di aggiudicazione della concessione, li ha individuati vincolandosi a rispettarli nei confronti di qualsiasi operatore, il Collegio ritiene che l’Amministrazione resistente abbia – con gli atti impugnati – dato corso ad una procedura ristretta ai sensi dell’art. 61 del Codice, che è una procedura “ordinaria” soggetta, come tale, al rispetto dell’art. 95 D. L.vo 50/2016, e quindi anche del principio per cui il punteggio relativo alla offerta economica non può eccedere il 30% del punteggio massimo disponibile.

L’art. 12 della lettera di invito del 12 gennaio 2018, che invece prevede l’attribuzione di massimo 50 punti su 100 per la valutazione della offerta tecnica e di massimo 50 punti per la valutazione della offerta economica, è dunque illegittimo per violazione della dianzi citata norma, e tale illegittimità si estende ed inficia l’intera lettera di invito in ragione della essenzialità della previsione viziata”.

Senza scomodare le procedure ristrette, il TAR poteva semplicemente dire che essendosi la stazione appaltante auto-vincolata al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, era tenuta a rispettare parametri e vincoli previsti dall’art. 95.

Scritto da Elvis Cavalleri

Senior partner della società TrasP.A.re, specializzata in contratti pubblici; laureato in giurisprudenza, in scienze e gestione dei servizi (scienze della pubblica amministrazione) ed in scienze del servizio sociale; esperienza decennale in qualità di dipendente di pubbliche amministrazioni nella gestione di gare d'appalto; curatore scientifico del portale giurisprudenzappalti.it