“Deve essere rimessa alla Corte di giustizia la questione se i principi comunitari di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, di cui al Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), ed i principi che ne derivano, come la parità di trattamento, la non discriminazione, la proporzionalità e la effettività, di cui alla direttiva n. 2014/24/UE, nonché la disposizione di cui all’art. 57, comma 4, lett. c) e g), di detta Direttiva, ostino all’applicazione di una normativa nazionale, quale quella italiana derivante dall’art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, secondo la quale la contestazione in giudizio di significative carenze nell’esecuzione di un pregresso appalto, che hanno condotto alla risoluzione anticipata di un precedente contratto di appalto, preclude ogni valutazione alla stazione appaltante circa l’affidabilità del concorrente, sino alla definitiva statuizione del giudizio civile, e senza che la ditta abbia dimostrato la adozione delle misure di self cleaning volte a porre rimedio alle violazioni e ad evitare la loro reiterazione (1).
(1) Ad avviso del Tar la sopravvenuta normativa nazionale, vincolando la Stazione appaltante, con preclusione di ogni valutazione sull’affidabilità del concorrente, per effetto della mera contestazione in un giudizio civile della risoluzione contrattuale, non si presenta consonante con i principi dell’Unione. Essa lega inscindibilmente il giudizio interno e quello esterno, impedendo alla stazione appaltante ogni motivata valutazione sulla gravità dell’errore professionale che ha dato luogo alla pregressa risoluzione contrattuale, in violazione dei principio di proporzionalità ed effettività, e realizza una non corretta trasposizione della direttiva 2014/24/UE in parte qua. In particolare, utilizzando nella trasposizione della direttiva la tecnica del ritaglio, ha costruito la significativa carenza nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto come ipotesi esemplificativa del grave illecito professionale (per il quale la direttiva peraltro prevede la possibilità di accertamento “con mezzi adeguati”), ma ne ha sterilizzato la portata applicativa, dal momento che disinnesca l’idoneità della stessa a fondare motivo di esclusione, con una sostanziale disapplicazione in parte qua delle previsioni della direttiva. Né, ad avviso del tar, vale obiettare che si tratta di ipotesi di esclusione facoltativa dalla gara, dal momento che ciò può rilevare solo nel momento in cui il legislatore nazionale decide se prevedere o meno una determinata causa di esclusione facoltativa; laddove invece, come nel caso in esame, la ipotesi sia stata prevista, il legislatore nazionale rimane vincolato al raggiungimento degli obiettivi indicati dalla direttiva, dovendo dotare l’ipotesi stessa della effettività di applicazione. Pertanto la stessa, una volta recepita, deve poter operare effettivamente.
Il Tar ritiene pertanto dubbia la conformità al diritto dell’Unione di siffatta disciplina, sotto vari profili.
Le disposizioni sovranazionali prevedono quale causa di esclusione da procedure di affidamento la commissione di «gravi illeciti professionali» che siano stati dimostrati «con mezzi adeguati» dall’amministrazione aggiudicatrice (lett. c), o la diversa ipotesi così descritta: «…se l’operatore economico ha evidenziato significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un requisito sostanziale nel quadro di un precedente contratto» che hanno causato «la cessazione anticipata di tale contratto precedente, un risarcimento danni o altre sanzioni comparabili» (lett. g), senza mai richiedere «alcun accertamento definitivo della responsabilità dell’appaltatore».
Si pone, in definitiva, la questione se, nella materia degli appalti pubblici, sia conforme ai richiamati principi euro-unitari la preclusione imperativa di ogni possibilità di valutazione autonoma e proporzionale della Stazione appaltante circa l’esclusione da una gara di un concorrente che sterilizzi le significative carenze evidenziate nell’esecuzione di precedenti contratti attraverso la mera proposizione di impugnativa della risoluzione contrattuale, e sino alla definizione di quel giudizio, con l’effetto di determinare, nell’ipotesi in cui il giudizio civile si concluda negativamente per l’operatore economico, ma la gara si sia svolta in senso a lui favorevole, la lesione del principio comunitario di affidabilità del concorrente, in quanto l’appalto sarebbe eseguito da un operatore economico indiscutibilmente non affidabile”.
Tar Napoli, sez. IV, ord., 13 dicembre 2017, n. 5893