Il caso
La ricorrente impugna la decisione della stazione appaltante con la quale è stata accolta parzialmente la richiesta della seconda classificata di oscuramento della propria offerta tecnica, ai sensi dell’art. 36 co. 2 D. Lgs. n. 36/2023.
Secondo la ricorrente l’oscuramento quasi per intero dell’offerta si pone in palese violazione degli artt. 35 e 36 D. Lgs. n. 36/2023 sia in quanto l’amministrazione si sarebbe limitata a motivare in modo inadeguato l’atto, non avendo, neppure sinteticamente, illustrato le ragioni di segretezza addotte dalla controinteressata; sia in quanto perché, data la tipologia di servizio oggetto della gara (cioè il servizio di ristorazione) appare, già sul piano astratto, difficile individuare dei segreti tecnici e commerciali.
L’eccezione di inammissibilità
Il Collegio rileva, come peraltro la stessa ricorrente ammette, che l’interesse alla conoscenza dell’offerta tecnica della seconda graduata non è ancora attuale, ma sorgerà solo qualora quest’ultima proponga un ricorso avverso l’aggiudicazione, il che lo induce a meditare rispetto all’ammissibilità o meno del gravame.
Il Giudizio (T.A.R. Lazio, I-ter, 19 dicembre 2024, n. 23049)
Sull’ammissibilità del ricorso.
Il Collegio ha ritenuto ammissibile il ricorso per le seguenti ragioni.
In primo luogo, perché le regole che valgono per l’accesso negli appalti presentano delle peculiarità rispetto a quanto previsto dalla l. n. 241/1990, con la conseguenza che, diversamente da quanto richiesto dall’art. 22 lett. b) l. cit., non si ritiene che nel caso in questione l’interesse all’ostensione, oltre che essere diretto e concreto, debba essere necessariamente anche attuale. O meglio, in ragione della predetta finalità dell’art. 36 D. Lgs. cit. (velocizzare il contenzioso in materia di appalti al fine di garantire anche un obiettivo superindividuale), si ritiene che nella specie sia sufficiente un interesse alla tutela giurisdizionale anche solo potenziale.
Secondo il Collegio la conoscenza dell’offerta non ha carattere solo esplorativo, in quanto è funzionale a poter utilmente resistere, con tempestività, all’eventuale ricorso avverso l’aggiudicazione proposto dalla seconda classificata.
In effetti lo slogan è “ora o mai più”. In caso di ricorso contro l’aggiudicazione, e senza la preventiva impugnazione ex art. 36, all’aggiudicataria sarebbe ineluttabilmente pretermesso l’accesso alla documentazione secretata del ricorrente, pur in presenza di esigenze difensive, sebbene essa potrebbe in potenza essere fondamentale per la possibile presentazione di un ricorso incidentale.
In secondo luogo, perché, ragionando diversamente, la prima classificata, in concreto, non avrebbe mai la possibilità di impugnare tempestivamente la decisione della stazione appaltante assunta ai sensi dell’art. 36 co. 3 D. lgs. n. 36/2023. La norma prevede che si debba presentare il ricorso entro 10 giorni dalla comunicazione digitale dell’aggiudicazione, ma è evidente che in questo brevissimo arco temporale molto difficilmente l’aggiudicataria verrà a conoscenza di impugnative del provvedimento di aggiudicazione.
Infine, il Collegio ha ritenuto che una diversa esegesi della disposizione in commento risulta anche in contrasto con l’obiettivo pubblicistico di accelerazione che viene perseguito. E ciò in quanto se non fosse riconosciuto alla prima classificata un interesse immediato a reagire contro la decisione assunta dalla stazione appaltante ai sensi dell’art. 36 co. 3 cit., questo comporterebbe che la stessa dovrebbe azionare gli strumenti volti all’ostensione dei documenti presentati dalla seconda classificata soltanto dopo aver avuto conoscenza dell’impugnazione dell’aggiudicazione, ma questo, come intuibile, avrebbe come effetto quello di rallentare il giudizio proposto dalla seconda classificata, con un risultato chiaramente non in linea con lo spirito del nuovo codice, che, invece, per quanto indicato, ha proprio l’obiettivo di raggiungere quanto prima la stabilità della procedura.
Considerazioni conclusive
Su quest’ultimo punto è d’interesse rilevare come la celerità sia in taluni casi frustrata dall’assenza nella disposizione di una norma che disciplini il caso in cui la stazione appaltante rigetti le richieste di oscuramento, e che consenta quindi al Giudice di disporre tempestivamente dell’offerta nella versione integrale per le valutazioni di competenza (si veda in data odierna la seguente ordinanza: a fronte di 10 giorni per ricorrere accordati dalla norma, il Collegio accorda alla SA 20 giorni per depositare in forma cartacea presso il Tribunale la versione disoscurata dell’offerta).
In generale, sembra evidente la distonia dello specifico segmento del nuovo rito rispetto alle tradizionali condizioni dell’azione.
Costituisce infatti insegnamento giurisprudenziale consolidato quello per cui il processo amministrativo non integri una giurisdizione di diritto oggettivo, volta a ristabilire una legalità che si assume violata, ma che abbia la funzione di dirimere una controversia fra un soggetto che si afferma leso in modo diretto e attuale da un provvedimento amministrativo e l’amministrazione che lo ha emanato (cfr. Cons. Stato, sez, V, 9 dicembre 2019, n. 8399).
In particolare, il diritto al ricorso nel processo amministrativo sorge in conseguenza della lesione attuale di un interesse sostanziale e tende a un provvedimento del giudice idoneo, se favorevole, a rimuovere quella lesione (cfr. Cons. Stato, sez. II, 20 giugno 2019, n. 4233).
Le condizioni soggettive per agire in giudizio sono, come noto, la legittimazione processuale, cosiddetta legittimazione ad agire, e l’interesse a ricorrere (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 21 gennaio 2019, n. 508).
Nel giudizio impugnatorio la legittimazione ad agire spetta al soggetto che afferma di essere titolare della situazione giuridica sostanziale di cui lamenta l’ingiusta lesione per effetto del provvedimento amministrativo, posizione speciale e qualificata, che lo distingue dal quisque de populo rispetto all’esercizio del potere amministrativo, mentre l’interesse al ricorso consiste nel vantaggio pratico e concreto che può derivare al ricorrente dall’accoglimento dell’impugnativa (così, Cons Stato, sez. V, 17 aprile 2020, n. 2464; anche, Id., sez. IV, 1° giugno 2018, n. 3321; Id., 19 luglio 2017, n. 3563).
L’odierna ordinanza, in distonia a dette coordinate, ma in stretta armonia alla norma, ritiene ammissibile un interesse non attuale (i.e. futuro), e legittima quindi un’interesse “alla tutela giurisdizionale anche solo potenziale“, così alterando in modo tangibile i prefati fondamentali principi che ruotano attorno al concetto di interesse ad agire.
Si può quindi affermare che nella specie sia stato azionato un giudizio volto a richiedere una tutela anticipata per un interesse futuro ed incerto, in cui la sottesa pretesa sostanziale è legata ad una lesione che, in quanto “potenziale”, potrebbe dimostrarsi ex post del tutto inesistente, con conseguente radicale inutilità dell’intero procedimento.
Inutile ed ultroneo pare invero essere (ed a fortiori, tenuto conto del suo carattere “sistematico”) anche il “meccanicistico” onere imposto alle stazioni appaltanti, che presuppone complesse e dispendiose indagini, di decidere sulle richieste di oscuramento del terzo, del quarto e del quinto graduato. Sebbene questi ultimi non siano in astratto “sforniti di tutela”, l’esperienza insegna che le richieste d’accesso ed i conseguenti ricorsi coinvolgono perlopiù i primi due soggetti utilmente collocati in graduatoria.
E ciò in ragione della complessità dell’impresa (equiparabile allo “scalare il Nanga Parbat in inverno e senza ossigeno supplementare” come ha efficacemente avuto modo di dire P. Provenzano [1]): la giurisprudenza (con riferimento alla terza classificata, ma a maggior ragione con riferimento alla quarta o alla quinta graduata) osserva costantemente che “L’impugnazione della posizione della seconda graduata (oltre che di quella della prima) da parte della terza classificata in una pubblica gara è indispensabile al fine di radicare l’interesse processuale alla decisione del ricorso nel merito, in quanto, in caso contrario, la terza graduata non avrebbe utilità concreta dall’annullamento dell’aggiudicazione (in ciò sostanziandosi l’interesse all’azione) e condurrebbe alla declaratoria di inammissibilità del gravame” (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 6.7.2022, n.9244). Di guisa che il quinto graduato dovrebbe (inverosimilmente) trovare motivi escludenti nei confronti di tutte e quattro le imprese che lo precedono in graduatoria.
Anche sotto questo profilo, a contrariis, il nuovo rito dell’accesso si colora di oggettività, nella misura in cui “agevola” la posizione del quinto graduato in punto di legittimazione a ricorrere per l’accesso alla documentazione di tutti i soggetti che lo precedono in graduatoria, essendo anche in tal caso l’interesse ritenuto “presupposto”, ovverosia sussistente in re ipsa, ancorché in concreto potenzialmente assente.
Il che, per assurdo, potrebbe incentivare ricorsi meramente esplorativi, anche alla luce del minor rigore in punto di “stretta indispensabilità” a fini di giustizia verosimilmente esigibile nella preliminare fase di definizione del perimetro dell’accessibilità dei documenti, ove il nesso di strumentalità tra la documentazione richiesta e la situazione finale controversa è difficilmente apprezzabile, giacché si astrae in larga parte dalle concrete censure formulabili in giudizio.
Ed infatti, finanche nel previgente regime normativo, la giurisprudenza ha ritenuto all’uopo bastevole una “astratta rilevanza”, ossia la mera sussistenza di un interesse a conoscere ed eventualmente sottoporre al giudice un documento in relazione ad un instaurando o instaurato contenzioso, senza che sia assentita al Giudice dell’accesso un’ultronea valutazione sull’ammissibilità, sull’influenza o sulla decisività del documento richiesto ai fini della tutela giudiziaria che si preconizza (da ultima, Cons. Stato, VI, 06 dicembre 2024, n. 9780).
Ad ogni buon conto, ed in disparte alle ulteriori rilevanti criticità già rilevate in giurisprudenza ed in dottrina, pare potersi affermare che il nuovo rito abbia fallito nel dichiarato obiettivo di deflazionare il contenzioso in materia di accesso.
Dopo la bocciatura del rito superaccelerato (i.e. i celeberrimi commi 2-bis e 6-bis dell’art. 120 c.p.a. abrogati dallo sblocca cantieri), a quando l’abrogazione dell’inefficiente rito superspeciale sull’accesso?
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[1] L’accesso agli atti senza istanza. Riflessioni a prima lettura sulla nuova disciplina (sostanziale e processuale) in materia di accesso agli atti di gara, in Rivista Italiana di Diritto Pubblico Comparato, III, 2023, pag. 490 e ss.