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Anche secondo il Consiglio di Stato il bando tipo ANAC non consentirebbe un ribasso diretto dei costi della manodopera

Consiglio di Stato, III, 12 novembre 2024, n. 9084

Dopo la pronuncia di ieri del T.A.R. Milano (cfr. questo articolo), oggi sulla stessa scia anche il Consiglio di Stato boccia il bando tipo ANAC che, per come scritto, non rende percorribile il filo interpretativo sviluppato nel successivo parere precontenzioso ANAC n. 528 del 15.11.2023.

La sentenza è di particolare interesse in quanto costituisce il primo arresto di secondo grado in relazione all’applicazione dell’art. 41, c. 14 del d.lgs. 36/2023.

Sebbene timida, giacché si trincera dietro un sibillino “quand’anche il ribasso dei costi relativi alla manodopera fosse consentito dalle norme primarie“, la pronuncia disvela le palesi ambiguità del bando tipo (pedissequamente seguito nella gara oggetto di giudizio, vedi qui il disciplinare).

In primo grado (vedi questo articolo), la ricorrente lamentava che la Stazione appaltante pur avendo previsto un costo complessivo di manodopera  pari a € 542.943,00 espressamente non soggetto a ribasso, avesse dipoi accettato l’offerta dell’aggiudicataria, che nella propria offerta economica aveva indicato un costo della manodopera di appena 330.000,00, inferiore di oltre 200.000 Euro rispetto al costo indicato dalla Stazione appaltante e non ribassabile.

Il Giudice di prime cure, appiattendosi su una nota pronuncia del T.A.R. toscano (cfr. questo articolo), respingeva il ricorso.

Consiglio di Stato, III, 12 novembre 2024, n. 9084 riforma la sentenza di primo grado.

“La sentenza gravata conferma, in punto di fatto, il ribasso del costo della manodopera previsto dall’offerta nei termini dedotti dalla ricorrente: “per quanto riguarda i costi della manodopera, va in primo luogo rilevato che essi non sono in assoluto insuscettibili di ribasso e che pertanto non doveva essere esclusa la controinteressata per aver indicato, nella propria offerta economica, un costo della manodopera di appena 330.000,00, inferiore di oltre 200.000 Euro rispetto al costo indicato dalla Stazione appaltante e non ribassabile” (profilo del resto incontestato nel presente giudizio).

Il T.A.R. ha tuttavia respinto il motivo argomentando la legittimità dell’offerta, come detto, sulla base del combinato disposto degli artt. 108, comma 9, e 41, comma 14, del d. lgs. 31 marzo 2023, n. 36: tuttavia la ricorrente aveva dedotto – come sopra ricordato, e come la stessa sentenza del T.A.R. correttamente riporta nella parte espositiva – anzitutto la violazione del citato art. 3 del Disciplinare (il quale al pari del bando tipo ANAC riportava il seguente inciso “I costi della manodopera non sono soggetti al ribasso” n.d.r.).

È pertanto evidente che quand’anche il ribasso dei costi relativi alla manodopera fosse consentito dalle norme primarie, l’esplicita ed inequivoca previsione di segno contrario portata dalla – non impugnata – lex specialis non consentiva la presentazione di un’offerta riportante un simile ribasso.

Il parametro normativo invocato – per dedurre l’illegittimità e la non ammissibilità dell’offerta – dalla ricorrente in primo grado, pienamente valido ed efficace, era dunque costituito anzitutto dal citato art. 3 del Disciplinare: rispetto al quale la sentenza gravata non risulta essersi pronunciata.

Tale parametro è espressivo della volontà della stazione appaltante di connotare la specifica disciplina della gara nel senso di escludere dalla dinamica dei ribassi la componente relativa al costo della manodopera.

Conseguentemente, l’offerta andava esclusa perché non conforme, sul punto, alla lex specialis”.

Sebbene scarna sotto il profilo motivazionale, giacché perlopiù fondata su un profilo processuale, la prima pronuncia pare indirettamente rafforzare l’orientamento ad oggi minoritario, il quale, nell’iter argomentativo seguito dal Giudice ligure (cfr. questo articolo), pare invero essere quello maggiormente convincente, e qui da sempre sostenuto (cfr. questo articolo).

La querelle sotto il profilo sostanziale rimane aperta, ma le stazioni appaltanti devono necessariamente derogare al bando tipo, che ad oggi, e l’odierna pronuncia lo conferma, non consente il rispetto dell’obbligo di clare loqui, il quale “implica che tutte le condizioni e le modalità della procedura di aggiudicazione siano formulate in maniera chiara, precisa e univoca nel bando di gara o nel capitolato d’oneri, così da permettere, da un lato, a tutti gli offerenti ragionevolmente informati e normalmente diligenti di comprenderne l’esatta portata e d’interpretarle allo stesso modo e, dall’altro, all’amministrazione aggiudicatrice di essere in grado di verificare effettivamente se le offerte degli offerenti rispondano ai criteri che disciplinano l’appalto in questione” (CGUE, 2 giugno 2016, causa C-27/15).

Per l’Anac oggi c’è stato un giudice a Berlino!

 

Scritto da Elvis Cavalleri

Senior partner della società TrasP.A.re, specializzata in contratti pubblici; laureato in giurisprudenza, in scienze e gestione dei servizi (scienze della pubblica amministrazione) ed in scienze del servizio sociale; esperienza decennale in qualità di dipendente di pubbliche amministrazioni nella gestione di gare d'appalto; curatore scientifico del portale giurisprudenzappalti.it