L’offerente secondo graduato lamenta che l’aggiudicatario non avrebbe indicato i propri costi per la sicurezza e per la manodopera, e conseguentemente avrebbe dovuto essere escluso dalla gara.
T.A.R. Calabria, I, ord. 07 novembre 2024, n. 673, pur nella sommaria delibazione della fase cautelare, non conviene con la ricorrente:
– appare insussistente la dedotta lesione da parte dell’aggiudicataria dell’art. 108, comma 9, D. Lgs. n. 36/2023 per omessa indicazione dei costi del personale e di sicurezza aziendale, peraltro non richiesta dalla lex specialis, in quanto la commessa pubblica in esame, avente ad oggetto la concessione triennale di distribuzione di bevande fredde ed alimenti con installazione di distributori automatici, sembra riconducibile nella categoria delle “forniture senza posa in opera”, come tale esclusa dall’obbligo di indicazione dei costi in base a quanto stabilito dallo stesso art. 108.
L’ordinanza pare erronea sotto due profili.
In primo luogo la gestione dei distributori, sebbene presupponga implicitamente la fornitura dei prodotti, è qualificabile come un servizio, in quanto contratto a titolo oneroso con cui la stazione appaltante affida ad un operatore economico la gestione del servizio di ristoro riconoscendo a titolo di corrispettivo il diritto di gestire il servizio.
Del resto non esiste nell’ordinamento una “concessione di fornitura”, tenuto altresì conto che i beni non sono acquistati dall’Ente concedente, ma bensì dagli utenti del servizio di ristoro, dai quali il concessionario trae la sua remunerazione.
Il tutto in coerenza con la giurisprudenza che colloca il “vending” nell’ambito della “concessione di servizi” (non esiste del resto una concessione di forniture), in quanto determina l’assunzione in capo all’affidatario del rischio operativo legato alla sua gestione (ex multis: Cons. Stato, sez. III, 3 agosto 2020, n. 4910; Cons. Stato, sez. III, 18 giugno 2020, n. 3905; Cons. Stato, sez. VI, ordinanza 6 dicembre 2019, n. 6073; Cons. Stato, sez. V, 28 marzo 2019, n. 2065; Cons. Stato, sez. III, 11 gennaio 2018, n. 127; Cons. Stato, sez. VI, 16 luglio 2015, n. 3571; Cons. Stato, sez. VI, 14 ottobre 2014, n. 5065).
In secondo luogo pare preferibile la recentissima interpretazione del T.A.R. Catania, secondo cui la regola prevista dall’art. 108, comma 9, del d.lgs. 36/2023, espressamente operante in materia di “appalti”, non debba trovare “necessaria” applicazione anche in materia di “concessioni”, costituendo manifestazione del potere discrezionale dell’ente concedente decidere di ricorrervi o meno.
E ciò in quanto, a differenza del precedente Codice dei contratti pubblici – il cui art. 164, comma 2 disponeva che “alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione di lavori pubblici o di servizi si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni contenute nella parte I e nella parte II del presente codice, relativamente … ai criteri di aggiudicazione …” – il d.lgs. 36/2023, nella parte relativa alla procedura di aggiudicazione delle concessioni concernente i “contratti di concessione” (artt. 176 e ss.), non opera alcun rinvio alle disposizioni relative ai “criteri di aggiudicazione” previste dal Codice in materia di “appalti” di lavori, servizi e forniture (e, quindi, anche all’art. 108), bensì stabilisce, all’art. 183, che “Le concessioni sono aggiudicate sulla base dei criteri di aggiudicazione stabiliti dall’ente concedente…” (comma 1), e che “Gli enti concedenti forniscono, nel bando di concessione, una descrizione della concessione e delle condizioni di partecipazione e, nell’invito a presentare offerte o negli altri documenti di gara, una descrizione dei criteri di aggiudicazione e, se del caso, dei requisiti minimi da soddisfare” (comma 3).